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Vikings: Valhalla, la recensione del sequel di una delle serie più amate degli ultimi anni

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I vichinghi sono tornati, o forse non erano mai andati via. Ci avevano lasciato con uno sguardo al futuro, un futuro che si prospettava ricco di cambiamenti, e così è stato. Niente sarebbe potuto essere più come prima, come ai tempi di Ragnar e poi dei suoi figli, delle romantiche conquiste di un mondo sconosciuto, che ora è cambiato, si è evoluto e fatica sempre più a lasciare spazio agli dei vichinghi, i pagani. E’ da qui che Vikings: Valhalla è ripartito ed ha messo le basi per l’inizio della fine. La nostra recensione.

Kattegat è cambiata

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In 100 anni, a Kattegat, è successo di tutto. Ora la capitale è in mano alla Jarl Haakon, grande guerriera di origini africane, che regna sulla città con estrema tolleranza nel rispetto dei cristiani, ma che porta avanti con fierezza la tradizione vichinga. Nel complesso ciò che pare evidente è un racconto ben più storicizzato della quesitone religiosa del popolo vichingo, rispetto a quella spiritualità tipica della narrativa di Vikings, in cui il dubbio di fede veniva spesso motivato da allucinazioni e visioni di vario tipo. Un esempio lampante si può fare dal confronto tra Ragnar e Leif, tra i protagonisti della nuova generazione vichinga. Ai tempi in cui Ragnar si legò alla figura di Athelstan, la contaminazione tra i due credi era spesso manifestata con visioni spiritiche che invece vengono a mancare nel caso di Leif, guerriero groenlandese legato al culto di Odino e co., ma che a più riprese sembra manifestare forti dubbi nei confronti delle cupe usanze vichinghe, come nel caso del rito del sacrificio, anch’esso narrato si con solennità, ma non con i fasti magici di un tempo. O ancora, fa molta specie rivivere il passato dello Jarl Kare, tra i personaggi più interessanti di questa stagione quando, giunto ad Uppsala, è protagonista di una serie di visioni che lo riportano indietro al suo traumatizzante passato pagano. E nel momento in cui mostra a Olaf la gabbia vuota in cui crede di aver intrappolato il famoso Indovino (unico personaggio che “resta” di Vikings), ci si rende conto che la religione, in Vikings Valhalla, è ancora al centro delle tematiche, ma non più come prima.

Vikings Valhalla: la fine della leggenda

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La serie riprende a narrare le vicende vichinghe un secolo dopo i fatti di Vikings. Tutto si apre con una specie di versione, storicamente più accettabile, delle Nozze Rosse di Game of Thrones, ma senza matrimoni o celebrazioni varie, bensì con il tranello di re Etelredo II nei confronti dei pagani che ormai spopolano in Inghilterra. Questo è solo il primo passo verso la svolta di non tolleranza nei confronti del paganesimo. A Kattegat si riuniscono le forze dei principali eserciti vichinghi, capeggiati da Canuto il Grande, nell’ottica di tornare al più presto in Inghilterra per vendicarsi e riprendersi ciò che si erano conquistati nell’ultimo secolo e oltre. Vikings: Valhalla si apre col botto. Nei primi quattro episodi assistiamo all’ennesima, leggendaria rivalsa del popolo vichingo, che riesce abilmente a riprendersi Londra con un astuto arrembaggio nei confronti dell’esercito inglese, che nel frattempo ha visto salire al trono il giovane e apparentemente inesperto Edmundo, primogenito del defunto Etelredo. Questo passaggio del testimone casca a pennello per i piani di Canuto, che a sorpresa decide di governare assieme allo stesso giovane re sull’Inghilterra, così da avere il tempo di gestire entrambi gli imperi e soprattutto per evitare ulteriori rivolte nei confronti del suo popolo, lasciando agli inglesi un re locale. Tale azione denota una certa apertura mentale del sovrano vichingo, almeno rispetto ai suoi predecessori. Canuto, come molti vichinghi, si è ormai convertito al cristianesimo, ed ha dunque cominciato a ragionare in un ottica di tolleranza che era spesso mancata al suo popolo.

Vikings Valhalla: il cristianesimo incombe sui vichinghi

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Vikings, sin dall’inizio, aveva narrato del dualismo tra religione “pagana” e cristiana, un dualismo cominciato lentamente ma destinato a sfociare in un inevitabile scontro. In Vikings: Valhalla ci troviamo di fronte ad una contaminazione religiosa che cento anni prima sarebbe stata impensabile. Olaf e Harald, imparentati con Canuto, sono due importanti ed ambiziosi guerrieri, entrambi cristiani. Olaf rappresenta esattamente il cambiamento ed il passaggio al cristianesimo. Egli cerca di combattere i pagani fin dall’inizio, convinto di poter estirpare tale credo dalle sue terre, e di poter un giorno regnare sulla Norvegia. Harald è decisamente più tollerante, ma la sua posizione resta ambigua lungo tutta la stagione, nonostante il suo forte legame con Freydis, vichinga groenlandese giunta a Kattegat con suo fratello Leif e tanti valorosi combattenti per sposare la causa della rivincita sugli inglesi, ma anche per vendicarsi di colui che l’aveva violentata e sfregiata per sempre incidendole una croce cristiana sulla schiena. Nel viaggio verso l’Inghilterra è difficile far coesistere i due fronti, ma nonostante ciò i vichinghi hanno la meglio, guidati dall’astuzia di Canuto. Nel frattempo a Kattegat sta succedendo qualcosa di imprevisto. Lo Jarl Kare, approfittando dell’assenza del grosso dell’esercito, si è messo sulle tracce dei pagani, giungendo fino al sacro tempio di Uppsala (che ben conosciamo dai tempi di Vikings), per distruggerlo e sterminare tutti i suoi sacerdoti. Qui si imbatte in Freydis, rimasta a Kattegat per scontare una pena, e decide di risparmiarla per far giungere in città la voce che presto il cristianesimo (quello intollerante) incomberà sulla capitale norrena.

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Canuto governa l’Inghilterra incontrastato, sposa Emma di Normandia, la vedova di Etelredo, e mette le basi per un regno lungo e solido, basato sulla convivenza e sulla condivisione di intenti. Ma improvvisamente deve far ritorno in patria, in Danimarca, per guidare l’esercito in nuove battaglie, lasciando in reggenza a suo padre Sven Barbaforcuta, il trono inglese. L’assenza di Canuto porta ad una serie di cambiamenti sia in terra inglese che, soprattutto, a Kattegat, dove Olaf fa ritorno per unire le forze a Kare e rovesciare l’impero di Haakon e soprattutto per imporre la fede cristiana, compiendo così il volere di Dio. I fratelli groenlandesi, Leif e Freydis combattono valorosamente, ma sono costretti ad arrendersi all’incursione del traditore Olaf, nonostante Freydis riesca a uccidere Kare in un combattimento avvincente. Olaf è astuto, ma non abbastanza da prevedere il ritorno di Barbaforcuta, che nel frattempo ha lasciato l’Inghilterra in mano ad Emma per far ritorno in patria, giurando morte ai traditori

In definitiva, Vikings: Valhalla fa capire subito, nei primi 8 episodi (dei 24 ordinati), quelle che sono le sembianze e le intenzioni dell’atteso sequel della serie canadese, gettando delle ambiziose basi per un’altra avvincente storia a tema vichinghi, con personaggi molto interessanti che si prospetta possano farci rimpiangere Ragnar, Bjorn e Ivar, il meno possibile.

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