A partire dalla quinta stagione, Vikings ha optato per una narrazione più corale che ci ha permesso di seguire la storyline di molteplici personaggi. È così che abbiamo potuto approfondire le vicende dei figli di Ragnar, così come quelle di vecchie conoscenze che sono giunte alla fine del loro percorso. Ma prima che prendesse la strada che ha sempre contraddistinto Game of Thrones, lo show di History traeva gran parte della sua forza da un unico, grande protagonista. Una figura talmente maestosa da poter reggere da sola l’intera serie. Stiamo parlando ovviamente di Ragnar Lothbrok, protagonista indiscusso delle prime quattro stagioni. Non fraintendete, Vikings non è mai stata solo la storia di Ragnar. Difatti lo show, un vero e proprio romanzo della nostalgia, ci ha parlato di un mondo lontano attraverso il punto di vista di molteplici personalità. Ma ciò non toglie il fatto che il personaggio di Travis Fimmel sia stato uno dei più carismatici dello show e, se dobbiamo proprio essere sinceri, di tutta la serialità.
Il vichingo ha infatti lasciato il segno con la sua incredibile intelligenza, con il suo desiderio di scoperta e conquista. Con quel punto di vista così avanti rispetto ai suoi tempi, e la capacità di sapere leggere sia gli avversari che gli amici. Nel corso degli episodi, Ragnar è cresciuto e cambiato, ha ottenuto numerose vittorie per poi commettere altrettanti errori. Ha guardato sia dentro se stesso che al mondo che lo circondava, mettendo costantemente tutto in discussione. La sua insaziabile curiosità, così come il suo brillante ingegno, sono ciò che hanno reso il personaggio così irresistibile. Ed è proprio per questo che abbiamo deciso di raccogliere alcune delle sue migliori frasi e considerazioni.
Vediamo dunque insieme le citazioni più memorabili di Ragnar Lothbrok.
“Odino ha dato il suo occhio per conoscere l’ignoto, ma io farò molto di più” (1×01)
Sin dall’inizio, è stato chiaro quanto Ragnar Lothbrok fosse diverso rispetto agli altri vichinghi. Discendente di Odino, è sempre stato contraddistinto da un’indomabile curiosità verso l’ignoto. Da un’ambizione che lo spingerà laddove il suo popolo non si era mai spinto prima. Se non fosse stato per lui, e il suo desiderio di trovare nuove terre e ricchezze a ovest, l’incontro fra la cultura norrena e quella sassone non sarebbe mai stata possibile. E con essa l’incredibile avventura che Vikings è stata.
“È una bella cosa quando il pulcino dà una lezione al gallo” (1×02)
Sin da piccolo, Bjorn non ha mai avuto paura di esprimere la sua opinione. Difatti, già nel secondo episodio della prima stagione lo vediamo frapporsi fra i suoi genitori, mettendo fine al loro litigio. Rimproverato dal figlio, Ragnar non potrà che rimanere impressionato dalla sua maturità, riconoscendo quanto sia bello quando i figli insegnano qualcosa ai genitori. In italiano sono state usate le parole “pulcino” e “gallo”, mentre in lingua originale sono state scelte “little piggy” and “boar“. Si tratta di un’anticipazione di un’altra grande citazione di Ragnar (“How the little piggies will grunt when they hear how the old boar suffered”) di cui vi parleremo più avanti.
“So che è difficile da accettare, ma l’infelicità è più comune della felicità. Chi ha detto che sarai sempre felice?” (2×01)
Così come Lagertha, neanche Bjorn ha mai amato Aslaug. Consapevole del tradimento del padre e delle sue possibili conseguenze, il ragazzo non potrà che sottolineare quanto la principessa porti con sé difficoltà e infelicità. Ma nel mondo duro e violento dei vichinghi (così come spesso nel nostro) l’infelicità è molto più comune della felicità. Il più delle volte i momenti di gioia sono l’eccezione alla regola, una pausa dorata in una valle desolata e oscura. Consapevole della realtà in cui vive, Ragnar ha ormai accettato questa verità mentre Bjorn, ancora giovane e inesperto, non può che pensare a quanto le azioni del padre potrebbero distruggere la loro famiglia. E spezzare il cuore dell’amatissima madre.
“È vero, ho commesso degli errori. La vita non ha istruzioni” (Ad Aslaug)
Ragnar Lothbrok è sempre stato un personaggio incredibilmente carismatico.
Intelligente, ambizioso e curioso, è stato fondamentale per l’evoluzione del popolo vichingo. Ma ciò non significa che fosse un uomo perfetto, non solo dal punto di vista strategico ma anche nell’ambito personale. Basti pensare al modo in cui si è comportato con le sue mogli: dopo aver tradito Lagertha, non sarà un buon marito neanche per Aslaug. Commetterà più errori nel corso della sua vita, mettendo il pericolo il suo popolo per poi abbandonarlo. Tuttavia, la sua natura fallace non ha potuto che mostrarci quanto anche lui fosse incredibilmente umano, nonostante fosse considerato da molti come un dio.
“Il mondo sta cambiando, e noi cambieremo con esso” (2×02)
Vikings ci ha parlato di un mondo antico che, nel corso delle stagioni, ha iniziato a mutare sempre di più. I personaggi che conosciamo all’inizio sono estremamente legati alle loro tradizioni e costumi, ma grazie a Ragnar e alle sue idee, il popolo norreno verrà spinto verso il cambiamento. Da sempre visionario, il protagonista è infatti consapevole che i norreni non potranno sopravvivere per sempre come saccheggiatori. Per molti anni cercherà di trovare terre fertili per la sua gente, così da poter dare loro una vita migliore rispetto a quella difficile e sanguinaria in Scandinavia. Ma cambiare il mondo, così come la mentalità di un popolo, non è un’impresa facile, e lo stesso Ragnar finirà per pagare il prezzo della sua ambizione quando si ritroverà schiacciato fra il mondo che conosceva e quello nuovo.
“Una cosa è usare un’arma, un’altra è uccidere” (Ad Athelstan, 2×02)
Il rapporto fra Ragnar e Athelstan è uno dei più complessi e ben costruiti dello show. Nonostante le loro differenze, i due stringeranno una fortissima amicizia, un rapporto di complicità che verrà capito da pochi. Grazie ad Athelstan, Ragnar imparerà a comprendere il mondo sassone e le sue regole. E grazie a Ragnar, Athelstan imparerà ad apprezzare la cultura norrena, tanto violenta quanto affascinante. Ed è così che nella 2×02 vediamo il prete allenarsi con il protagonista, dimostrandosi sì pronto a brandire un’arma, ma forse non ancora ad uccidere. Due realtà che, come sottolineerà Ragnar, sono ben diverse.
“Il potere è sempre pericoloso. Attrae i peggiori e corrompe i migliori. Non ho mai chiesto il potere. Il potere viene dato solo a coloro che sono pronti ad abbassarsi per raccoglierlo” (3×01)
Una delle citazioni più celebri di Ragnar Lothbrok, e che da sola ci parla del percorso di molti personaggi in Vikings.
Re Horik non è forse una figura negativa attratta e corrotta dal potere? Rollo e Lagertha non sono forse stati, seppur in parte, annebbiati dalla promessa del potere? Nel corso dello show, abbiamo potuto vedere quanto l’avere una posizione di rilievo abbia portato sia all’elevazione dei personaggi che alla loro corruzione. Lo stesso Ragnar Lothbrok ne è un perfetto esempio: nella prima stagione non è che un semplice contadino. Guerriero capace e saccheggiatore feroce, ma pur sempre un contadino. Eppure, nonostante ciò è uno dei pochi che si distingue rispetto agli altri sin dal principio. Non perché sia potente, ma perché contraddistinto da una curiosità e ambizione che vanno al di là del guadagno personale. Ragnar non ha mai desiderato una posizione di potere, ma il suo desiderio di scoperta e conoscenza lo condurranno verso una strada che lo spingerà a raccoglierlo, diventando prima Earl, poi Re e infine una leggenda. Ragnar finisce così per essere una guida carismatica per il suo popolo, una figura che pur guardando al futuro della sua gente non dimenticherà mai le sue origini. Però è anche vero che nel corso del suo percorso compirà diversi errori, lasciando che l’ambizione prenda il sopravvento sulla necessità di trovare finalmente la pace. Di tornare alla vita da contadino, in quella fattoria in cui tutto era più semplice.
“Combattiamo. È così che vinciamo, ed è così che moriamo” (3×03)
L’alleanza con Re Ecbert e la Regina Kwenthrith porterà i vichinghi a scontrarsi con l’esercito merciano. Una lotta che mieterà numerose vittime: basti pensare a Torstein, che si sacrifica per i suoi compagni, o a Porunn, che rimane sfigurata. Nonostante il cuore di Ragnar sia pesante per le perdite subite, non potrà che ricordare al figlio quanto il loro popolo sia composto da guerrieri, da uomini e donne sempre pronti a combattere, che sia per vincere o morire. È questo uno dei tratti distintivi dei vichinghi, una delle parti fondamentali della loro natura.
“Eri un uomo coraggioso, Athelstan. Ti ho sempre rispettato per questo. Mi hai insegnato tanto. Ti vedevi debole e lacerato, ma per me eri intrepido perché ti ponevi domande. Perché dovevi morire? Avevamo ancora tanto di cui parlare. Ho sempre pensato che la morte fosse un destino migliore della vita perché si ritrova chi si amava e si è perduto. Ma noi non ci incontreremo mai, amico mio, perché ho l’impressione che il tuo dio potrebbe obiettare se venissi a trovarti in Paradiso. E ora che dovrei fare? Ti odio per avermi lasciato! Non volevo perderti. Non c’è niente che possa consolarmi adesso. Sono cambiato, come te. Perdonami, amico mio. Non per quel che ho fatto, ma per quello che sto per fare.” (3×06)
La morte di Athelstan, ucciso da un geloso Floki, sarà un durissimo colpo per Ragnar Lothbrok.
Il protagonista infatti perde non solo un amico e confidente, ma uno dei pochi uomini che considerava davvero come suo pari. La loro dinamica si è infatti sempre basata sul rispetto, su una reciproca comprensione che si è venuta a creare nonostante l’appartenenza a mondi diversi. Entrambi hanno sempre dovuto lottare contro se stessi, con i loro dubbi e curiosità. Ed è proprio per questo che la perdita di Athelstan fa così male. La complicità trovata con il prete non potrà mai più essere replicata, niente potrà colmare quel vuoto. Nemmeno la conquista di Parigi che Lothbrok pianificherà dopo la sepoltura del carissimo amico.
“Pensi che sia andato troppo oltre con Floki… Se fossi in lui non mi preoccuperei tanto degli Dei, quanto della furia di un uomo che sa essere paziente. E come tu ben sai io so essere molto paziente.” (3×08)
Ragnar sa che è stato Floki a uccidere Athelstan. Sa che la sua gelosia e fanatismo religioso l’hanno spinto verso la follia. Eppure, nonostante ne sia consapevole, decide di non agire. O almeno di non farlo direttamente. Lasciandogli il compito di costruire delle macchine da guerra per l’assedio di Parigi, il protagonista resta a guardare e non dice una parola, perso più nel dolore per la morte di Athelstan che nel desiderio di sconfiggere i francesi. Non sappiamo se Ragnar avesse pianificato l’assedio affinché Floki fallisse, ma vederlo rendersi conto di non avere la protezione degli dei lo ripaga, seppur in parte, del vuoto lasciato dall’amico sassone. Le parole riportate sopra sono rivolte proprio al suo fantasma che, in silenzio, contempla la furia quieta di un uomo paziente.
“Non posso smettere di pensare alla morte. La morte mi affascina. Quella dei bambini… quella degli amici… la mia morte invece continua a sfuggirmi. Noi crediamo che la nostra morte sia già stata stabilita. Vorresti sapere il giorno della tua morte? […] Nel mio mondo, sono sempre indeciso se uccidere me stesso…o tutti quelli intorno a me” (A Yidu, 4×04)
Nella quarta stagione, Ragnar è sempre più ossessionato dall’idea della morte. Un concetto che nel mondo vichingo non ha un accezione negativa. Difatti, la morte non è che un nuovo capitolo, una nuova avventura che conduce al Valhalla. Non è la fine, ma un nuovo incontro con chi si amava, con chi si era perso. Sempre più stanco e logorato dalle responsabilità da re, Ragnar si apre con Yidu, una schiava cinese con la quale il protagonista cercherà di confrontarsi sull’argomento nello stesso modo in cui faceva con Athelstan.
“Non sprecate il vostro tempo a guardarvi indietro. Non è lì che state andando” (a Ubbe e Hvitserk, 4×06)
Il suggerimento di Ragnar Lothbrok non è solo pratico, ma anche metaforico. Pronto per la seconda campagna di Parigi, il re di Kattegat decide di portare con sé Ubbe e Hvitserk, in modo da allontanarli dalla forte influenza di Aslaug. In barca ma non ancora così lontani dalla riva, i due fratelli si voltano indietro per rivolgere un ultimo sguardo a Kattegat. Ma non è lì che che si stanno dirigendo, non è lì che li attende il loro destino. O quantomeno un nuovo capitolo della loro esistenza.
“Nella mia mente, vorrei non aver mai lasciato la fattoria” (a Lagertha, 4×11)
La sconfitta a Parigi, il tradimento di Rollo e la dipendenza dalle droghe segneranno profondamente Ragnar Lothbrok.
Tormentato dalla sua disfatta così come dalla consapevolezza di aver fallito i norreni lasciati nel Wessex, l’uomo scompare per anni senza lasciare alcuna traccia. Quando torna a Kattegat è ormai vecchio, inasprito dalle perdite e soprattutto stanco. Non tanto fisicamente quanto mentalmente, una verità che condivide con Lagertha, l’unica donna che abbia mai amato. In una scena incredibilmente agrodolce, Ragnar si confessa a cuore aperto, ammettendo il suo desiderio di non aver mai lasciato la fattoria. Di non aver abbandonato quella vita che sì era semplice, ma anche più felice. Si tratta di una nostalgia che la stessa Lagertha finirà per provare nella sua vecchiaia, tanto da ricreare la fattoria dopo l’incoronazione di Bjorn come Re di Kattegat. Peccato che non l’abbia potuto fare con il suo amato Ragnar…
Dei, Valhalla e Paradiso (4×14) – Dialogo fra Ragnar Lothbrok e Re Ecbert
Ragnar: E se il tuo Dio non esistesse?
Ecbert: Mio caro amico, ma di che stai parlando?
Ragnar: Il tuo Dio, i miei dei. E se, per caso, non esistessero?
Ecbert: Beh, se Dio o gli dei non esistessero allora niente avrebbe senso.
Ragnar: Invece tutto avrebbe senso.
Ecbert: Ma cosa vorresti dire?
Ragnar: Perché hai bisogno del tuo Dio?
Ecbert: Perché se non ci fossero gli dei, ognuno farebbe qualsiasi cosa e non importerebbe nulla. Potresti fare come ti pare e niente sarebbe reale. E niente avrebbe un significato o un valore. Perciò, anche se gli dei non esistono, è comunque necessario averli.
Ragnar: Se gli dei non esistono, allora non esistono, facciamone una ragione.
Ecbert: Sì, ma tu… No, tu non te ne fai una ragione, non pensi che alla morte. Tu non pensi che al Valhalla.
Ragnar: E tu invece non pensi che al paradiso, che mi sembra un posto abbastanza ridicolo, dove tutti quanti sono sempre felici.
Ecbert: Il Valhalla è ridicolo, con tutti i guerrieri morti che combattono ancora nella corte ogni mattina, uccidendosi un l’altro di nuovo e poi, come se niente fosse, cena insieme!
Ragnar: Allora sono ambedue ridicoli.
Il dialogo fra Ragnar ed Ecbert nella 4×14 non è propriamente una citazione, ma merita comunque di essere incluso nella nostra lista. Ubriachi, i due personaggi si confrontano sulla religione e sulle loro credenze. Pur avendo punti di vista diversi, riescono comunque a dialogare pacificamente grazie alla loro intelligenza, alla lungimiranza che li ha sempre accomunati. Nonostante appartengano a due fazione avversarie, i due infatti si rispetteranno sempre molto, tanto da instaurare una vera e propria amicizia che, pur finendo con il sangue per entrambi, ci ha regalato alcuni dei confronti più interessanti dello show.
“La gente non ti considera una minaccia, ma io non la penso così. Di tutti i miei figli volevo che tu venissi qui con me, perché sei tu che io considero il più importante per il futuro della nostra gente […] Hai molti doni e la rabbia è un dono, quello che hai qui è un dono. Non ragioni come gli altri uomini, tu sei imprevedibile, e questo ti sarà d’aiuto. Usa la tua rabbia con intelligenza e ti prometto, figlio mio, che un giorno il mondo intero conoscerà e temerà Ivar il Senz’ossa […] Verrai sempre sottovalutato da tutti…devi farli pagare per questo […] Sii spietato, figlio mio.” (4×15)
Spesso le parole di Ragnar Lothbrok si sono rivelate profetiche, e le ultime rivolte a Ivar ne sono un perfetto esempio.
Pronto ad accogliere la morte, il protagonista prepara il figlio a quello che sarà il suo destino: essere una guida per il popolo vichingo, una figura che, seppur sottovalutata, sarà capaci di grandi imprese. Ivar ha infatti ereditato la rabbia e la ferocia del padre, una qualità che, se usata intelligentemente, lo porterà lontano. Effettivamente, il personaggio di Alex Høgh Andersen sarà una delle personalità più importanti e magnetiche delle ultime due stagioni di Vikings. Un guerriero spietato, uno stratega astuto e una forza inarrestabile.
“Non credo nell’esistenza degli dei. L’uomo è colui che crea il suo destino, non gli dei. Gli dei sono una creazione dell’uomo per rispondere alle paure che non sa spiegarsi” (Al Veggente, 4×15)
Durante il suo viaggio verso Re Aelle, Ragnar si confronta per l’ultima volta con il Veggente, una figura misteriosa che nel corso delle stagioni ha sempre influenzato le decisioni dai protagonisti. Ma dopo le numerose esperienze vissute, Ragnar non è più lo stesso. Confrontandosi con il mondo, con individui diversi da lui, è infatti arrivato alla consapevolezza che tutto ciò in cui prima credeva è falso. Il suo destino non è stato tessuto dagli dei, ma dalle sue decisioni. Le risposte non stanno negli dei, ma dentro noi stessi.
“Oh, come i piccoli cinghiali grugniranno quando sapranno quanto ha sofferto il vecchio cinghiale” (A Re Aelle, 4×15)
Nonostante le torture subite da Re Aelle, Ragnar Lothbrok non cede. Decide anzi di lasciare il suo avversario con un avvertimento, che poi si trasformerà in realtà: quando sapranno quanto il padre (il vecchio cinghiale) ha sofferto per mano degli inglesi, i suoi figli (i piccoli cinghiali) scateneranno tutta la loro furia per vendicarlo.
“Mi rallegra sapere che il grande Odino si sta preparando per il banchetto, a breve potrò bere birra da corna ricurve! L’eroe che entra nel Valhalla non piange la sua morte, io non entrerò nella sala di Odino pieno di paura! Lì aspetterò che i miei figli mi raggiungano… e quando lo faranno mi crogiolerò nei loro racconti trionfali. Gli Aesir mi danno il benvenuto! La mia morte si compirà senza assoluzione! E do il benvenuto alle Valchirie che mi riporteranno a casa!” (4×15)
L’ultimo monologo di Ragnar Lothbrok è iconico.
Un momento incredibilmente potente, in cui il protagonista accoglie la morte con coraggio, con trionfo. Ragnar non ha mai lasciato che il suo destino venisse deciso per lui. Ha forgiato il corso della sua vita così come la sua morte, che sa bene sarà la spinta necessaria per unire il suo popolo e sconfiggere i sassoni. Il suo sacrificio, le sue sofferenze, non sono niente di fronte alla consapevolezza che a breve sarà accolto nella sala di Odino. Nelle sue ultime parole infatti non c’è paura ma eccitazione, c’è il desiderio di annunciare al mondo intero quanto non abbia niente di cui pentirsi o scusarsi. La sua esistenza, fra la sua ambizione e la sua incredibile intelligenza, hanno cambiato per sempre il mondo. Esattamente nello stesso modo in cui farà anche la sua morte.