In questa nuova puntata di Vikings molte cose continuano a fluire nella narrazione, portando una nuova brezza nell’aria, una brezza che annuncia un cambiamento non poi così lontano.
La acque silenziose rimangono ferme a brillare di una luce nuova, maligna, bramosa. La tempesta si avvicina, in lontananza risuona come una grancassa, un nuovo tempo porta nuove fioriture… o disfatte. Tradimenti e cospirazioni, passioni violente e deliri onnipotenti. Quali colpi di scena ci attendono?
Anche in questa dodicesima puntata, Murder Most Foul, la narrazione si prende il suo tempo per far attecchire nuovi campi di possibili trame losche. La trama di sfilaccia su differenti ambientazioni, facendoci conoscere le sorti di ogni personaggio dopo la grande guerra civile.
Nelle piovose terre del Wessex, Lagertha, Bjorn e Ubbe sono alla mercé del vescovo Heahmund, l’unico che può intercedere per loro e farli accettare dal Re. Grandi guerrieri che si ritrovano attaccati a una fragile sicurezza per poter andare avanti dopo la terribile sconfitta, appellandosi alle vecchie terre offerte da Ecbert a Ragnar. Peccato che scoprano però l’inghippo dell’abdicazione: quelle terre non sono affatto vichinghe.
A Kattegat, Ivar, il re senz’ossa, è impegnato a consolidare il proprio potere e a metter su famiglia in gran fretta. La nuova sposa, Freydis, sa bene come esaltare i deliri di Ivar. Questo nuovo personaggio è molto scaltro, misterioso e decisamente affascinante nel suo sviluppo.
Soprattutto se posto accanto alla follia divina di Ivar.
La ambizioni e i desideri dei vichinghi non sembrano finire qui: l’episodio è un susseguirsi di intrighi, sotterfugi, nuove parole profetiche e nuovi equilibri, non tutti stabili. Nemmeno quelli di Floki, che affronta una nuova crisi mistica nelle lande desolate dell’Islanda. Ma possiamo ben capire il suo sconvolgimento psicologico: da vecchio personaggio di Vikings, possiamo apprezzarlo per la caratterizzazione alle sue spalle. Cosa che lo differenzia dal resto del gruppo di vichinghi di stanza lì.
Essenzialmente, la parte di Floki è scarna perché vediamo solo lui nell’arco narrativo.
Gli altri personaggi sono secondari, anzi, molto più vicini allo sfondo che a un peso di maggior rilevanza. Forse è per questo che lo spettatore non riesce ad andare d’accordo con questa parte di stagione, l’eccessivo numero personaggi comincia a farsi sentire, grava su una sceneggiatura che, per far fare qualcosa a tutti, divide pane e pesci in porzioni troppo piccole per poterle vedere.
Altro personaggio che risente di una sceneggiatura lacunosa è il misterioso Heahmund. Molte delle sue azioni non sembrano chiaramente giustificate, rimangono piatte e non aiutano a inquadrarne il percorso. Questo episodio di Vikings poteva essere una grande opportunità per farlo conoscere meglio, per scandagliare il suo passato. Ma sembra non esserci un effettivo interesse a perseguire questa via, poiché è palese l’occasione sfumata.
L’attacco brutale al nuovo vescovo Cuthred sembra dettato da un’impulsività apparentemente immotivata.
La stagione non potrà reggersi ancora a lungo solo sulla follia messa in scena da Ivar. Avrà bisogno di personaggi tanto forti quanto lui, se la narrazione continuerà a essere a più livelli. Altrimenti porterà il pubblico ad annoiarsi quando non ci sono Ivar o Lagertha sullo schermo.
L’inquietudine è palpabile in questo episodio. I nervi saldi sembrano sfracellarsi minuto dopo minuto, un pace illusoria quella che ci ritroviamo davanti. Troppi equilibri che si reggono sul filo di un rasoio troppo sottile. Qualcuno dovrà cadere, nuovi scenari di guerra sembrano protrarsi all’orizzonte. Molti altri spunti narrativi sono stati gettati sul fuoco, forse troppi, e il pericolo di incappare in una fumata nera sembra purtroppo essere concreto.