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Vikings 5×14 – Nascerà in mezzo all’oscurità la tua luce?

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Il nome della puntata andata in onda questa settimana, The Lost Moment, sembra rispecchiare questa seconda parte di Vikings 5.

Un momento perso, un’occasione sfumata è quella che piano piano si fa strada in questa stagione di Vikings, dove la calma continua a non smuovere la trama e gli spettatori sono nutriti da una narrazione ripetitiva e stancante.

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La scorsa puntata ci aveva leggermente tenuto con il fiato sospeso, grazie al brillante cliffhanger finale. Insomma, tutto sembrava pronto per un qualche sconvolgimento consistente, ma ahimè, la scelta dei sceneggiatori ha virato su altri mari calmi, che trattengo la trama, ma a stento tengono lo spettatore incollato allo schermo.

La follia di Ivar comincia seriamente a stancare, soprattutto se ingiustificata, non approfondita e lanciata in un tumulto di richieste tanto per accontentare i fan con qualcosa di “fuori dall’ordinario”. Tanti preparativi, tante profezie e sensazioni che qualcosa sta per giungere. Siamo sempre sulle spine per qualcosa che non accade mai, tanto da addormentare la voglia di concretezza in una storia che si risolve in una nuvola di fumo, per ogni episodio che passa.

Gli animi inquieti non sono soltanto peculiari dei vichinghi.

L’unico filo narrativo a dare un po’ di piccola rivoluzione è l’inaspettato villaggio di Floki. Ovunque l’uomo va, porta con sé rancori irrisolti, che prima o poi sfociano nuovamente in atti violenti. Si slegano così le vicende delle due famiglie approdate in Islanda, frammentando ancor di più la trama, troppo lontana da quella di Kattegat e ancora non abbastanza vicina per reggersi in piedi da sola.

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In Vikings, dopo Halfdan e Harald, altri due fratelli sono sull’orlo di una crisi familiare che vede la possibilità di un tradimento da parte di Aethelred nei confronti di Alfred, suo fratello, ma soprattutto suo Re. Una storia che sembra già vista, ma questa volta si consuma in contesti differenti, in una cultura e religione diverse, che donano un’altra luce all’eterna invidia fraterna, nata da Abele e Caino e destinata (forse) a non trovare mai una fine.

In Vikings, carta che vince non si cambia, ma si riutilizza.

Questa chicca può aver donato un marcia in più alle storie in corso nel regno del Wessex, rendendole, al momento, quelle più succose, pregne di possibili svolte inaspettate, grazie soprattutto ai vari intrighi che serpeggiano ai piedi del trono inglese.

Ma anche qui, le congiure non sono ben scandagliate, rimangono superficiali, pigre, anche se cariche di possibilità, non smorzano quell’aria di pesante attesa infinita dello show.

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L’orrore che preannuncia l’Indovino è un pozzo nero, dove le tenebre inghiottiranno i destini dei vichinghi e dove la luce non saprà trovar la via. Molti cammini sono ormai macchiati da un alone di oscurità, la morte cala su chi prediceva il mondo a venire. Non c’è più nessuno che potrà volgere lo sguardo al futuro, lì dove il futuro sembra non aver più linfa per esistere.

Un mondo di tenebra sembra ormai calar su Kattegat, ora che l’Indovino, nonché vecchio e storico personaggio di Vikings, ha lasciato questa terra. Ivar, colui che voleva prevalere e schiacciare coloro che lo sopraffacevano per la sua condizione fisica, è ora colui che opprime un intero popolo.

Ma non solo: il personaggio forte che serviva a reggere il passaggio da testimone, sembra adesso schiacciare il destino della serie. La calma insostenibile non serpeggia solo tra le fila dei cittadini di Kattegat, ma anche tra gli stessi che un tempo amavano e supportavano Vikings.

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