Dopo la sanguinolenta battaglia tra vichinghi e inglesi, Vikings torna alla vita di tutti i giorni, dimostrando che molto spesso non sono i campi di battaglia i luoghi più pericolosi.
L’episodio The Buddha mantiene salda l’attenzione dello spettatore, complice anche il fatto che siamo quasi in dirittura di arrivo per questa quinta stagione di Vikings. Altri piccoli tasselli vanno inserendosi nella trama, ma altri cadono malamente sotto lo scacco matto del potere.
C’è chi trama per tornare in West Anglia dopo la nascita del proprio figlio divino. Chi trova un nuovo dio e forse un nuovo scopo nella vita. Chi deve fare i conti con le scelte che ha preso e decidere se il perdono sia più umano che divino.
Il Wessex, per i vichinghi, non ha soltanto significato razzie e scorribande. Il grande sogno di Ragnar era di utilizzare la loro terra fertile per costruire un villaggio di contadini. Sogno tragicamente finito sotto le spade sanguinarie degli inglesi, lacerando per sempre l’animo del re.
I sogni però si sono tramandati da padre in figlio. In questo caso è Ubbe colui che somiglia di più all’animo contadino di Ragnar.
Alfred dona quelle terre, un tempo promesse ai vichinghi da Ecbert, alla prole Ragnarsson. Ma non tutti ne sono entusiasti. Bjorn ha altri progetti, più concreti e ambiziosi: il tempo passato in una terra estranea, con adoratori di un falso Dio, sembra avergli rasserenato la mente sul da farsi.
L’alleanza con Harald, però, sembra tutt’altro che cosa semplice e poco rischiosa.
Ma la grande assenza di Lagertha si nota: un’assenza pesante, ingombrante, vivida in ogni sequenza.
Anche se il suo personaggio non è stato esattamente tra i pilastri di quest’ultima stagione, resta fondamentale in Vikings, un po’ come lo erano Ragnar e Rollo.
Il clamore è però dato dalla sua improvvisa scomparsa, ingiustificata (apparentemente) e disarmante. Cosa le è successo? Se ne è andata spontaneamente, o è stata presa contro il suo volere? L’attenzione cresce nello spettatore, così come il ritmo di questa puntata.
E quando meno lo si aspetta, gli intrighi culminano in una morte, ma non quella inizialmente designata. L’omicidio di Aethelred è un disperato rimedio alla paura di una madre. Una paura istintiva, snaturata, viscerale: Alfred è nuovamente malato, ma non si sa se e quando si risveglierà.
La corte rumoreggia, pianifica, il secondogenito si avvicina pericolosamente a quel trono gestito con sapienza dal figlio di Athelstan.
Quasi come Medea, Judith uccide il proprio figlio per egoismo. Per salvare il frutto del suo amore con Athelstan, l’unica persona che l’abbia mai amata. Un sentimento che per lei è così prezioso da poter sacrificare la vita di un altro dei suoi figli, sangue del suo sangue. Troppi inganni, troppi tentennamenti e poi quella strigliata inaspettata alla madre, che non può non ricordare il comportamento che Aethelwulf aveva con lei.
Un mix letale, che ha portato l’istinto di sopravvivenza e la follia a combaciare troppo velocemente. Un altro personaggio cade all’improvviso.
Vikings sta concludendo la sua quinta stagione con un ritmo, inizialmente lento e noioso, che è tramutato inaspettatamente in qualcosa di nuovo che potrebbe funzionare. I troppi piani spaziali su cui si destreggiano i personaggi hanno rallentato di molto la stratificazione della base su cui adesso si poggia la trama principale. La stessa che ora sembra gestire in modo sostenibile il filone narrativo principale, rendendo a questo punto inevitabile l’etichetta di semplici filler per i restanti contenuti.
Ciò che all’inizio era stato maldestramente gestito adesso sembra dare i suoi primi frutti inattesi, che si spera matureranno nelle puntate successive.