La seconda parte della quinta stagione di Vikings si è conclusa ormai da qualche settimana. Le avventure dei vichinghi andranno avanti per un’ultima stagione e, nell’attesa che questa arrivi, è giunto il momento di tirare le conclusioni. Ci sono stati parecchi momenti negativi nella 5B di Vikings. In particolare cosa non ha funzionato? Perché, ammettiamolo, quella che è appena andata in scena è stata una delle peggiori stagioni di Vikings.
Ovviamente, attenzione spoiler: sono presenti riferimenti al finale della quinta stagione della serie.
Uno dei principali problemi è la storyline che porta avanti le avventure di Floki, tra le colonne portanti di Vikings.
L’ossessione per la religione lo porta a intraprendere un viaggio alla ricerca di un ipotetico paradiso utopico, trascinando con sé altri poveri innocenti. Il suo sogno però va in frantumi a causa dei continui conflitti che coinvolgono i suoi compagni di avventura. Si allontana da loro, addentrandosi in una caverna che potrebbe essere l’Helgrind. Peccato che i cristiani l’abbiano già occupata. Nonostante l’ottima performance di Gustaf Skarsgard, non ha senso trascinare per diciannove episodi una storia problematica, priva di contenuti incisivi, indecifrabile nelle intenzioni e terribilmente noiosa solo per far morire Floki in una sorta di contrappasso che avrebbe potuto incontrare in qualunque altro modo.
Se il destino di Floki è ancora incerto, quello di Judith invece è già stabilito da un pezzo. Altro storico personaggio di Vikings, nel corso di questa stagione l’abbiamo vista al fianco del re, pronta ad aiutarlo e a sostenerlo. Pur di difendere Alfred, uccide l’altro suo figlio, colpevole di essere il capo dei congiurati. Anche se Aethelred si era pentito, Judith lo considerava la più grande minaccia per Alfred. Pertanto, doveva essere eliminato.
Una follia che paga con il prezzo più alto. Ben presto la Regina Madre si ammala e muore. Quello che ci fa rimanere di sasso non è tanto la morte in sé ma come questa venga rappresentata. Judith era diventata un personaggio chiave nelle trame politiche ordite alla corte del Wessex. Donna sempre in contrasto tra il suo essere madre e le responsabilità che comporta il potere, Judith ci lascia in una scena senza troppo scalpore, piuttosto piatta e troppo veloce. Sono mancati i momenti mistici e sognanti: niente visioni o discorsi solenni per lei.
L’unica a rendere giustizia a Judith è Lagertha. A lei tocca consolare il giovane Alfred e incoraggiarlo a superare un’altra perdita per il bene del regno.
Lagertha è la regina incontrastata di Vikings. In questa seconda parte, però, non ha una vera e propria trama, si è limitata a essere la comprimaria dei suoi figli e del vescovo Heahmund (i due erano impegnati in una storia d’amore senza un reale fondamento).
Si pensava che Lagertha fosse morta dopo la battaglia nella quale aveva perso la vita il suo amante ma Judith la ritrova presso una strega e la riporta a corte. Quei momenti lì, in cui rivive la morte di Ragnar – lo ricorda mentre si aggira nelle stanze del palazzo e realizza il sogno del suo unico amore – sono tra i più belli della stagione. È tornata non come guerriera invincibile ma come donna vulnerabile, pronta comunque a lottare giorno per giorno. Quindi rimpiangiamo ancora di più il fatto che a questo personaggio non gli sia stata data una storyline degna di nota.
La gestione di alcuni personaggi non è stata delle migliori. Pensiamo a Heahmund e Magnus. Il vescovo di Sherborne ha acquisito fin da subito un ruolo primario. Tutte le potenzialità del personaggio però si sono appiattite verso una scontata dicotomia tra il suo ruolo di religioso e le passioni carnali alle quali non sa resistere. Il talento di Jonathan Rhys Meyers è stato sprecato in un personaggio ridotto a una comparsata poco approfondita e utile sono a dare qualche gioia a Lagertha.
Magnus poteva essere una pedina importante e destabilizzare l’alleanza tra vichinghi e inglesi. Ma la fiamma di questo ipotetico figlio di Ragnar brucia troppo in fretta e non ci lascia nemmeno il tempo di capire che cosa sarebbe potuto diventare. La sua morte arriva silenziosa come una freccia e pone fine a un personaggio la cui utilità nella trama non è mai stata chiara, così come la sua fede.
La loro storia, come quella di Margrethe o Aethelred, si sviluppa in molte puntate con varie sottotrame. La loro brusca interruzione rende ancora più difficoltosa la progressione della storia principale, rallentandola e spostandone continuamente il focus.
Questo deviare continuamente dalla trama originale ha portato a storyline incomprensibili. Tutti in Vikings sembrano presi da una crisi di fede. Quella di Hvitserk è piuttosto assurda e inutile. Scopre le dottrine buddiste, ha un’illuminazione per poi rinnegare tutto e tornare aille sue vecchie divinità . Forse invidioso del forte sentimento religioso del fratello, cerca consolazione in discorsi astratti inseriti in maniera talmente immotivata negli episodi che ci portano a chiedere chi tra i due fratelli sia il meno lucido.
La storia tra Bjorn e Elsewith (la sposa di Alfred) è stata buttata lì e poi mai più ripresa. Persino la rivelazione che Bjorn può essere il figlio di Rollo è stata un po’ frettolosa ma magari può tornare utile prossimamente.
Anche la trama che ha coinvolto Ivar sembra un po’ fine a sé stessa. In questa stagione di Vikings sua moglie lo convince di essere un dio. Ivar esaspera i suoi comportamenti da ragazzino invasato, parlando di banchetti divini a cui ha partecipato e mettendo a tacere chiunque lo contraddica. I suoi discorsi senza senso, la passività del popolo che lo acclama, la staticità della trama hanno rischiato di rendere questa parte noiosa come quella di Floki. E i discorsi tra i due sposini sono stati un inutile riempitivo, soprattutto negli ultimi due episodi. Per fortuna alla fine il personaggio di Ivar ha smesso di essere la caricatura di se stesso ed è tornato quello che conoscevamo.
In sostanza la seconda parte della quinta stagione di Vikings è partita lentamente, con episodi piatti e senza azione, per poi finire con quello che sa fare meglio: le battaglie dure e violente. Quella che ha visto opporsi Ivar e Bjorn ha sacrificato la verosimiglianza per l’epicità (sembra infatti l’assedio di Troia) ma non ha scalfito il buon risultato finale.