Vikings ha portato sul piccolo schermo il mondo, le usanze, i miti, le guerre ma anche la quotidianità dei Vichinghi. Ad esempio la loro spiritualità: in ogni puntata si vede il rapporto che i personaggi hanno con il loro dio, che sia pagano o cristiano. Anzi, la serie ci mostra che due culture diverse possono convivere senza necessariamente annullarsi. Uno show in cui lo spettatore non sa mai da che parte schierarsi perché il buono può sempre tradire e il cattivo può sempre redimersi. E poi tanto femminismo: le donne non sono sottomesse, sono delle guerriere ma, allo stesso tempo, madri e mogli premurose. Lagertha ne è solo un esempio.
La forza di Vikings risiede nei suoi personaggi profondi e ben costruiti. I conflitti tra di loro non sono mai banali o senza senso. Se combattono, se tradiscono, c’è sempre un valido motivo.
Ce ne sono due che spiccano tra tutti: Ragnar Lothbrok e King Ecbert. Due personaggi tra i migliori di Vikings, così diversi, eppure estremamente simili.
Da semplice contadino, Ragnar è riuscito a diventare il re di tutti i Vichinghi. Guida il suo popolo, lo sprona, lo appoggia e lo affianca nelle battaglie e nella vita di tutti i giorni. Ragnar è curioso, innovativo e aperto a tutto ciò che è diverso. Non è spaventato da ciò che non conosce, ma ne è affascinato. La sua sete di conoscenza lo porta a esplorare nuovi mondi, imparare nuove culture, assimilare nuove credenze, senza mai perdere le sue.
“Quando arriverà quel momento, dovrai comandare con la testa e non con il cuore, ci riuscirai?”
Questo consiglio dato a Bjorn rispecchia un altro aspetto di Ragnar: è un abile stratega e calcolatore. Nonostante l’istinto alla guerra, tutto ciò che fa è perfettamente pianificato nei minimi dettagli. Lo dimostra il suo ultimo piano, diabolico ed estremamente elaborato. Si fa consegnare da Ecbert ad Aelle cosicché la sua morte possa scatenare la vendetta dei suoi figli contro l’Inghilterra, che uccideranno i re inglesi e porteranno avanti il suo piano.
Ragnar è un uomo ambizioso tanto quanto lo è Ecbert (qui la sua vera storia), un re carismatico e forte che non ha niente da invidiare ai vichinghi per quanto riguarda la crudeltà. Tutti i sovrani temono gli Uomini del Nord. Ecbert non solo li incontra, ma li convince a fare il lavoro sporco in cambio di terre da abitare, per poi eliminare l’insediamento vichingo dopo che i guerrieri più forti erano tornati a Kattegat. Uomo di cultura, sa cogliere le occasioni che gli si presentano e ha una tale lucidità che riesce a volgere ogni situazione a suo vantaggio. Tra giochi di potere, inganni, piani articolati e bugie, il regno di Ecbert si espande fino a riunire sotto un’unica bandiera le terre inglesi.
Ecbert è il despota elegante, attraente ma doppiogiochista e viscido.
Grazie ai suoi intrighi e al suo genio politico e militare è riuscito a raggiungere l’apice della scala gerarchica, diventando per l’Occidente ciò che è Ragnar per i Vichinghi. È semplicemente l’emissario di Dio in Terra.
In Vikings i due iniziano un’autentica partita a scacchi, diventando uno la perfetta nemesi dell’altro.
Ecbert si presenta come il re buono, comprensivo e cordiale e così riesce a ingannare Ragnar, lo raggira con false promesse, gli dà un senso di sicurezza fasullo. Dopo aver creato un punto di contatto con il mondo vichingo grazie ad Athelstan e all’insediamento, distrugge quest’ultimo sapendo che Ragnar dovrà vivere con la consapevolezza di essere stato battuto. E Ragnar non può perdere, il suo popolo non deve dubitare del Re. Ma la vendetta del vichingo non tarda ad arrivare e dimostra che può essere astuto e diabolico tanto quanto Ecbert. Paga con la vita pur di riuscire a portare avanti il suo piano.
Ragnar sa che Ecbert lo rispetta, sa che lo consegnerà a Aelle e salverà Ivar. Ecco perché va da lui.
Quell’ultimo dialogo mostra quanto le loro anime siano affini, quanto guardandosi negli occhi riescono a vedere loro stessi, un altro sé. La loro esperienza condivisa non può essere comunicata ad altri se non a loro: Floki potrà essere amico di Ragnar ma non capirà mai il tipo di decisioni che i leader devono prendere.
Nel momento della morte di Ragnar, ciò che rende la scena ancora più straziante è la presenza di Ecbert, la loro connessione. Ecbert non lascia morire Ragnar da solo. Non è in grado di salvarlo, ma alla fine si assicura di essere lì con lui, come testimone e amico. Perché sono amici, pur sapendo che la loro amicizia non poteva sopravvivere alla loro lotta di potere. Ecbert deve vedere Ragnar morto. E Ragnar può morire solo sapendo che le sue azioni porteranno alla distruzione del Wessex.
Una fine che ricorda a Ecbert la sua mortalità. Riecheggia dentro di lui una domanda quando vede Ragnar solo, senza nessun seguace, imprigionato: “Sarà quello il mio destino?”
In poche parole, pur non essendoci tantissimi incontri tra loro due in Vikings, essi sono sufficienti per capire quello che pensano dell’altro. Si rispettano e si ammirano a vicenda, si trattano da pari sia a livello intellettuale che politico. Ragnar capisce subito qual è la vera natura di Ecbert che, come le api sul miele, è attratto da questo contadino norreno che è riuscito a diventare un re. Ecbert non aveva dei rivali degni di lui finché non è arrivato quest’uomo dal Nord altrettanto intelligente che diventa un avversario temibile da affrontare. Sconfiggerlo è la vera sfida. Un gioco mentale e stimolante, quello che entrambi stavano aspettando.