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The Serial Traveller: la mia cronaca dell’assedio di Parigi in Vikings

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Nell’anno del Signore 885 d.C. trovai un biglietto al costo corrispettivo del peggiore volo basic sul mercato per andare in carovana a Parigi. Volevo vedere questa città arroccata alla foce della Senna che dicevano tutti fosse così “wow”. Così mi avviai per documentare la quotidianità dei parigini di quel tempo, pensando che la cosa più eccitante sarebbe stata una messa nella chiesa di Saint Germain. Non sapevo che nel frattempo, nelle gelide terre del nord, quel Ragnar Lothbrok era andato in fissa per Parigi tanto da preparare un attacco così aggressivo da meritare un posto nella storia di Vikings.

Pare infatti che il leggendario protagonista della stessa Vikings fosse stanco di far rissa in quell’isola a nord-ovest in cui tutti sapevano si mangiasse da cani già all’epoca, e fosse propenso dunque a provare nuove esperienze.

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Si vociferava che il foie gras fosse una delle ragioni principali per le quali Ragnar fosse così ostinato nell’intraprendere questa pericolosa spedizione. Ma la teoria non è mai stata confermata dai rudi uomini del nord, poco propensi ad ammettere i piaceri del palato.

Ad ogni modo, una volta saputo dell’arrivo dei norreni in città, da buona cronista, ho abbandonato la mia dose di cibo degli dei per recarmi a documentare la venuta di altri tipi di dei. E no, questo non ha nulla a che vedere con gli splendidi pettorali che si diceva caratterizzassero quei cattivissimi pagani. Comunque una volta giunta al campo capisco due cose (che mi compiacciono non poco): che le voci su quei pettorali non erano infondate, e che serpeggia un certo drama tra i capi di questa spedizione.

Come poi racconterà anche Vikings, vicende pregresse portano Re Ragnar ad affidare il comando dell’attacco a questo suo amico e costruttore di navi, tale Floki, che – detto tra noi – non si capisce se abbia esagerato con gli aiuti per affrontare la traversata o se gli manchi semplicemente una rotella.

SPOILER ALERT: a fine battaglia ho sentito ammettere a quel re prestante di aver affidato il comando al tizio solo per vederlo fallire e dubitare degli dei. Allorché mi sovviene lecito il dubbio: è ancora Vikings o Gossip Girl?

Tornando indietro comunque risulta subito chiaro che Floki sia senza dubbio fuori come un citofono, ma sappia benissimo quello che fa quando si tratta di legno e costruzioni. Vedo la Senna riempirsi di torri d’assedio che ti fanno pensare “au revoir foie gras! Tra un po’ a Parigi si mangerà solo salmone norvegese, perché questi gli fanno il c**o!”

E infatti non appena le torri si appoggiano alle mura e i primi vichinghi urlanti vi si gettano oltre sembra sarà proprio che sia quello il destino di questi Franchi spocchiosi già dodici secoli fa. Ma poi un tizio che sembra pronto più per una visita dal Dott. Nowzaradan che per una battaglia, assieme a una principessa con la sindrome da protagonista, ribaltano inaspettatamente la situazione.

Il primo infatti ha saputo mettere in campo una strategia davvero niente male per mettere KO Lagertha e quel suo braccio destro che mi puzza di Giuda. Mentre la seconda sfodera un’arma capace di accendere i cuori dei francesi. E no, non è la baguette. Ma il drappo di Saint Denis. Lo so, sono sempre stati un popolo strano…

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Da una delle porte d’accesso alla città ricevo infatti notizie che hanno poco di positivo per i protagonisti di Vikings. La strategia militare del conte poco atletico sembra funzionare e Lagertha non ci lascia le penne per un pelo. Mentre da dove sono posizionata io non sembra andare altrettanto bene per i norreni. Dall’altra sponda della Senna vedo infatti orde di vichinghi ricadere inesorabilmente sulle proprie torri sotto una pioggia di frecce. I francesi fanno di loro più carne di come i Frey fecero alle Nozze Rosse.

Sangue, morte e squartamenti colano lungo le mura di Parigi attraverso i corpi martoriati dei norreni. Un orrore contro cui sembrano sortire ben poco effetto le gesta da orso bruno sotto effetto di droghe pesanti di Rollo. Lo vedo urlare, sbracciarsi, agitare l’ascia, ma sembra spaventare gli avversari fino a un certo punto. Probabilmente gli stessi si stanno chiedendo se non sia meglio portarlo in un asylum, povera stella.

A ogni modo lui continua così fino a cadere in acqua. Bjorn ricorda ai suoi che il Valhalla è in cima alle scale e non nel fiume. Ragnar guarda, sorride, gli rode un sacco ma poi si fa sbattere giù dalle mura. I francesi dicono “bruciamogli tutte cose!” E l’assedio d’esordio di Parigi si conclude in una mega figuraccia per i Vichinghi e in una paranoia massiccia per Floki che vedo giocare a nascondino in una delle sue torri infuocate.

Ma erano ancora i tempi in cui Vikings riusciva a stupirci con incredibili plot twist. E toltosi lo sfizio di sfregiare pubblicamente Floki, Ragnar riprende in mano la situazione.

La sconfitta è stata dura, ma i francesi hanno più chiese che riserve di cibo, sanno di non poter reggere un lungo assedio e così iniziano a proporre accordi. Al campo dei norreni posso notare come Ragnar abbia in mente qualcosa. Risulta chiaro sin da quando si fa battezzare che l’obiettivo non è semplicemente farsi regalare bracciali d’oro per la festa ma ben altro. Al campo si discute animatamente, deal/no deal, sembrano le trattative per la Brexit ma alla fine Ragnar rimette il popolo in riga ricordando chi sia il più ganzo di tutti e, guarda caso, anche il re. La sua è l’ultima parola e si decide per un accordo con i nemici, ma qualcosa non torna.

Si va avanti così da settimane. Speravo di poter tornare presto al mio tour di bettole e bistrò medievali ma il report dal campo norreno sembra non finire mai. I norreni hanno accettato l’accordo e la resa ma non sembrano voler andare. Ammetto tuttavia che documentare il drama familiare da queste parti si rivela più divertente di quel che sembrava.

Anche se dal divertimento si passa allo stupore e al lutto quando Re Ragnar muore tra lo sgomento generale. Io stessa non avevo capito quanto grave fosse la sua ferita. Fatto sta che porto i miei rispetti al re vichingo, e come avranno fatto anche gli altri, mi lascio andare a qualche confessione davanti alla bara: Rollo è più bello di lui. Qualcuno doveva pur dirlo.

Si scopre comunque che, essendo Ragnar ufficialmente un cristiano, dopo il battesimo può essere seppellito con tale rito e dunque la bara viene portata oltre le mura da alcuni dei suoi.

Io decido di seguirli perché il mio sogno è che Alessandro Barbero mi citi come “cronista dell’epoca” durante una di quelle sue conferenze in cui capisci che il paradiso esiste e suona come la sua voce. Il piccolo corteo arriva nella cattedrale della città e sorprendentemente tutta la cavalleria grossa assiste al funerale di Ragnar. L’Imperatore, la principessa Gisla, il conte con le su strane manie. L’atmosfera è un misto di solennità e stupore salvo diventare in trenta secondi sorpresa e terrore.

La bara si apre e Ragnar salta fuori all’improvviso vivo e vegeto brandendo una lama. Ai presenti prende un coccolone generale inclusa me che ingoio la gomma che stavo masticando. La gente urla al demonio e all’inferno ma io da buona italiana ricollego le cose e penso “Dah! ‘Sto figlio di una buona donna sarà anche nato in Svezia ma a Foggia ci starebbe come un pesce nell’acqua!”

Solo e senza dire una parola, Ragnar riesce a uccidere il vescovo, far svenire l’imperatore e scappare prendendo Gisla in ostaggio. SPOILER ALERT: lei non inviterà mai il cognato al pranzo di Natale. E a buon diritto!

Il vichingo ritrova la strada verso la porta di Parigi, fa abbassare il ponte levatoio e poi lascia andare Gisla che fa la “RickonATA”: anche lei ha dubbi sul rilascio ma non sa correre a zig zag. Intanto alle sue spalle un’orda di norreni attraversa il passaggio per la città al segnale di Bjorn. A occhio mi sembra che lui fosse l’unico a conoscenza dei piani del padre e, se poco poco ho imparato qualcosa di questo clan, posso giurare che la vittoria all’orizzonte porterà con sé tragedie familiari degne di un libro di Garcìa Marquéz.

Ciò che conta è che Ragnar ce l’ha fatta. Alla fine è riuscito a penetrare la città che tanto desiderava. Forse non l’ha conquistata ma può dire a se stesso di aver espugnato l’inespugnabile. Ora può tornarsene allegro tra i ghiacciai svedesi con tonnellate di foie gras. Mentre io decido che in vero il foie gras non mi piace per niente e che dopo questa adrenalinica avventura, tutto sommato, è tempo di riattraversare le Alpi per una grigliata di pesce in qualche cittadina italiana sul mare.

Da Vikings è tutto, alla prossima!

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