Dopo anni di sangue, scontri violenti ed esplorazioni, Vikings è arrivata alla sua sesta e ultima stagione. Un capitolo finale che, almeno finora, si è rivelato essere molto più entusiasmante e convincente rispetto a quello precedente, criticato dai più. Ma se da un lato lo show di History è riuscito a riscattarsi, dall’altro ha continuato a proporre alcune linee narrative incerte, incapaci di portare profondità alla storia o ai personaggi.
Soprattutto dopo la morte di Ragnar, la serie ha iniziato a virare verso diverse storyline superflue, caratterizzate da una scrittura pigra e da un potenziale sprecato. Nonostante abbia permesso lo sviluppo di una storia più corale, la perdita del carismatico protagonista non ha potuto che lasciare un enorme, rovinoso vuoto. Per quanto Michael Hirst abbia cercato di colmarlo, le soluzioni adottate non sono sempre state così efficaci.
Vecchie conoscenze sono state spinte verso dolorose derive narrative, snaturando così il loro percorso. Nuovi volti hanno iniziato a popolare il mondo fatalista dello show, senza però avere la tempra o attrattiva dei loro predecessori. Inoltre, intrecci politici eccessivamente ingarbugliati ci hanno portato a disinteressarci di vicende che, se sviluppate meglio, avrebbero potuto contribuire alla storia.
Andiamo dunque ad analizzare insieme le 5 sottotrame peggio gestite di Vikings:
1) Floki e l’insediamento in Islanda
Dal punto di vista storico, l’Islanda ha avuto un’enorme importanza nella storia e cultura vichinga. Ma nella serie tv la terra vulcanica e desolata è un’ambientazione per nulla interessante.
Distrutto dalle sue perdite e stanco degli intrecci politici, Floki decide di allontanarsi dalla propria gente. Con la scoperta dell’Islanda, il costruttore di navi è convinto di essere stato condotto ad Asgard. Una terra promessa in cui decide di creare una nuova società pacifica. Ma nonostante le sue speranze, la natura violenta e brutale dei vichinghi ha la meglio sul suo sogno utopico. Amareggiato e deluso, il protagonista abbandona l’insediamento, penetrando nelle profondità di una caverna con la speranza di incontrare gli dei.
La nuova direzione presa da Floki poteva essere veramente intrigante. Purtroppo, Vikings non è stata in grado di sfruttare il personaggio nel modo giusto, condannandolo così a una sottotrama piatta.
Infatti, nonostante il potenziale, questa storyline non è stata in grado di catturare l’attenzione degli spettatori. Le vicende in Islanda si distaccano completamente dalle altre, senza però avere una forza tale da reggersi in piedi da sole. L’isolamento del piccolo gruppo di vichinghi e i costanti scontri interni sono superflui e difficili da guardare. Gli eventi, noiosi e talvolta insignificanti, non sono mai all’altezza di quelli narrati in Scandinavia e nel Wessex.
La risata isterica e il pianto disperato di Floki, sconvolto dal crocifisso rinvenuto nelle profondità di un vulcano, sono forse gli unici elementi di riscatto in una storyline altrimenti ridondante e pesante.