Re Ecbert è uno dei personaggi più amati di Vikings, rappresenta il fascino del diverso e la personificazione dello sconosciuto oltre il Mare del Nord. Il dualismo tra la sanguinaria e istintiva cultura vichinga e la più civilizzata (ma non meno atroce) tradizione inglese, contribuisce a rendere Vikings una serie tanto affascinante quanto cruenta.
In fondo Vikings ci dimostra come l’uomo, prescindendo dai suoi vestiti e dalla sua religione, sia soggiogato dalla sete di potere e dall’arrivismo sociale. Re Ecbert si eleva maestro di tutto ciò: non è altro che il rovescio della medaglia di Ragnar e orchestra la sua partita a scacchi con i norreni arroccato con sicurezza nella sua elegante e puntigliosa intelligenza.
In Vikings il divario tra finzione e storia, seppur condito con il giusto pizzico di romanticismo, non è sempre così ampio.
King Egbert of Wessex è conosciuto come “primo Re di tutta l’Inghilterra” (che ovviamente aveva una fisionomia diversa dall’Inghilterra odierna). La sua ascesa al trono non è stata indolore e, anzi, ha assunto tinte sanguinarie e complottiste che hanno visto Egbert uscire vincitore, nonostante avesse scontato un lungo esilio.
Date le circostante non sembra indiscreto vagheggiare supposizioni sul suo temperamento. È altamente plausibile che, similmente al suo alter ego televisivo, anch’egli fosse dotato di caustico intelletto, con un asso sempre ben nascosto nella manica.
Re Egberto, nei suoi anni di esilio, entrò in contatto con la corte di Carlo Magno, ciò gli permise di affinare il tecnicismo bellico e l’arte dello stratega. È altamente probabile che nel momento in cui rivendicò il trono trovò l’appoggio e l’approvazione dello stesso Carlo Magno e del Papa, riuscendo infine a conquistare Kent, Essex, Sussex, Cornwall e gran parte dell’odierno Galles, stabilendosi anche in Mercia a seguito della vittoriosa battaglia di Ellendun.
Anche se non riuscì a mantenere integro il suo potere in tutti questi territori il suo regno non è di certo caduto nell’anonimato, infatti fu soprannominato “Bretwalda” ossia Sovrano d’Inghilterra.
L’ultima decade del suo regno lo vede fronteggiare una nuova minaccia: i Vichinghi.
Gli spietati e truci guerrieri si avventarono sull’intonso e sbrilluccicante bottino inglese e diedero non poco filo da torcere al nostro sovrano sassone. Nell’836, infatti, perse una battaglia a Carhampton contro i Danesi, riuscendo però a pareggiare i conti sconfiggendo l’armata danese due anni dopo.
L’adattamento per il piccolo schermo ha insaporito l’intreccio bellico con una relazione tanto peculiare quanto affascinante. Ovviamente mi riferisco al rapporto tra Ecbert e Ragnar: i re dei mondi opposti, l’incolto e il raffinato che banchettano insieme in un convivio circondato da morte e distruzione. I commensali dell’astuzia si sfidano a vicenda, dissimulando una stima reciproca che incalza la rispettiva sete di vendetta. Chi la spunterà il pagano o il cristiano? (Qui approfondiamo il tema della religione in Vikings).
Chiaramente la farcitura dialettica non è altro che un arzigogolo romanzato per soddisfare la gola di noi spettatori. Re Egberto e Ragnarr Loðbrók hanno indubbiamente lasciato segni indelebili e insanguinati tra le pagine dei libri di storia ma difficilmente nella realtà si saranno dilettati nel gioco degli allegri commensali.
Prescindendo dalle scorrerie vichinghe, il regno di Re Egberto ha cambiato la fisionomia dell’Inghilterra nonché il corso della storia inglese.
Re Egberto morì nell’839 e a succederlo fu il figlio Aethelwulf. Alla morte di un sovrano susseguivano tradizionalmente lotte fratricide e svariati attacchi al potere. Tuttavia, l’egemonia di Egberto fu talmente forte che il figlio non trovò opposizione alcuna, o quanto meno di flebile rilevanza, nella sua ascesa al trono.
La vita di Egbert è circondata da leggende più o meno attendibili, non era di certo una persona comune, l’arguzia e le doti manipolatorie erano caratteristiche basilari per sopravvivere a quell’epoca, mantenendo la corona ben salda sulla testa.
King Ecbert, nell’adattamento di History Channel, cerca di esaltare e scolpire al meglio il subdolo e scaltro temperamento di un Re che aveva costruito il suo regno con l’arma dell’intelletto. In fondo, di re ce ne sono stati tanti, ma non basta la conquista del trono per lasciare un segno indelebile nelle trame della storia.
Vikings ha avuto l’arguzia di porre a confronto due grandi regnanti che si erano incamminati nel labirinto del potere e lo avevano percorso con la voracità di chi non si accontenta del semplice dominio perchè ambisce alla purezza della gloria.