Avete presente quei pigri pomeriggi estivi in cui, facendo zapping tra i soliti canali in televisione, vi ritrovate puntualmente a guardare qualche film sdolcinato e assolutamente prevedibile? Pellicole senza alcun impegno, dalla durata che a stento arriva a sfiorare l’ora e mezza, inspiegabilmente sempre ambientate durante il periodo natalizio in piccole cittadine fatte con lo stampino. Ecco, Virgin River è la versione seriale di quei film, intrattenimento puro e senza alcun pensiero, consapevole della propria prevedibilità e proprio per questo insospettabilmente vincente. La trama della serie è talmente già vista che quasi non ce ne accorgiamo, è familiare a tal punto che già al primo episodio i protagonisti ci appaiono come se fossero i personaggi principali del nostro romanzo preferito, quello che abbiamo letto talmente tante volte da conoscere a memoria.
Virgin River è la storia di Mel (interpretata da Alexandra Breckenridge, che rivedremo presto nella sesta stagione di This is Us), un’infermiera/ostetrica (le qualifiche professionali della nostra protagonista possono cambiare nel corso dello stesso episodio, ma in fondo questo non ha alcuna rilevanza ai fini della trama) che in seguito alla perdita del marito e del figlio che portava in grembo decide di lasciare la sua vita a Los Angeles per trasferirsi nella splendida e piovosa Virgin River, una cittadina situata nel nord della California nella quale accetta un lavoro in un ambulatorio privato al fianco di un burbero medico di base, il quale piuttosto che lavorare con lei preferirebbe cavarsi un braccio. Fondamentalmente la trama è la stessa di Hart of Dixie, serie con la quale Virgin River condivide per altro l’attore Tim Matheson, che sembra essersi talmente appassionato al ruolo di vecchio dottore di provincia scontroso ma di buon cuore da volerlo interpretare in tutte le serie possibili. E proprio come in Hart of Dixie o in qualsiasi film romantico che si rispetti, se la protagonista decide di restare nella nuova città nonostante le avversità è grazie all’incontro con un affascinante uomo del luogo, di solito proprietario di un bar, con il quale scatta una scintilla tanto immediata quanto inspiegabile.
E in fondo a cosa servono le spiegazioni quando ci troviamo davanti a Jack Sheridan, ex marine dal cuore tenero e scapolo d’oro di Virgin River?
La storia d’amore tormentata tra Jack e Mel è il filone narrativo principale di Virgin River, la colonna portante di una serie che, pur essendo tutt’altro che complicata, ama destreggiarsi tra diverse storyline minori che coinvolgono tutti gli abitanti della cittadina, la vita della quale ruota ovviamente intorno a due soli luoghi: l’ambulatorio dove lavorano Mel e Doc e il bar di cui Jack è proprietario. Quella tra i due protagonisti è una vicenda che non brilla certo per originalità, né abbiamo alcun dubbio sul suo esito, eppure conquista lo spettatore nel giro di un episodio. Perché per quanto se ne dica di Virgin River, per quanto non si possa negare che è una serie scontata, che fa uso di cliché banali e spesso ricorre a drammi assolutamente non necessari, non si può certo dire che non sia appassionante. Un minuto prima siamo intenti ad alzare gli occhi davanti all’apparizione dell’ennesima protagonista perfetta ma dal passato tormentato e quello dopo non possiamo fare a meno di chiederci cosa sia successo e, soprattutto, cosa succederà. Insomma, siamo davanti a una serie romantica (qui abbiamo raccolto le migliori in assoluto) che non sappiamo come ci conquista, subito.
E la cosa più incredibile non è soltanto che in pochi minuti ci troviamo immersi senza possibilità di scampo nelle vite di Mel e Jack, nonché in quelle dei pittoreschi personaggi secondari quali Hope e Doc, Paige e Preacher e Ricky e Charmaine e un’altra dozzina di abitanti di Virgin River che continuano a spuntare come funghi in tutti gli episodi, ma che riusciamo a farlo spegnendo completamente il cervello. Quella di essere una serie leggerissima, in grado di coinvolgere lo spettatore senza per questo costringerlo a stare particolarmente attento, permettendogli dunque di distrarsi ogni qualvolta ne abbia voglia, è una qualità che spesso sottovalutiamo nelle serie. Infatti, sebbene non si possa negare che le migliori serie drammatiche di tutti i tempi, da Lost a Dark, passando per Prison Break e Breaking Bad, richiedono al pubblico di non perdersi neanche un istante di quanto accade sullo schermo se non vuole perdersi elementi fondamentali della trama, a volte a fine giornata non vogliamo fare altro che staccare un po’ il cervello e tuffarci in un mondo ordinato e prevedibile come quello di Virgin River. La trama della serie è un susseguirsi di avvenimenti drammatici e pettegolezzi, di tensioni amorose irrisolte e giuramenti d’amore eterno, che non manca di inserire ridicole sotto-trame legate al mondo del crimine e flashback dal contenuto commuovente almeno in un episodio sì e uno no. Il tutto, naturalmente, senza mai tenere concetti come il realismo o la coerenza narrativa particolarmente a mente. Eppure Virgin River fa di questa sua ricercata leggerezza caricata di pathos il suo punto forte, ciò che la rende una serie davvero riuscita nel suo complesso.
Per essere una serie senza alcuna pretesa, Virgin River fa perfettamente centro. Il pubblico la guarda consapevole di non doversi aspettare nient’altro che quello che già sa che vi troverà: dichiarazioni melense, colpi di scena tanto improbabili quanto facilmente risolvibili, un microcosmo in cui vige un ordine preciso che nulla può turbare realmente. Non importa che i personaggi siano bidimensionali e caratterizzati dallo stesso spessore della carta velina, o che a un certo punto alcune storyline inizino dal nulla mentre altre scompaiono negli abissi più profondi. Quello che realmente è importante per lo spettatore è poter trascorrere qualche ora in una cittadina americana travolta da tragedie e passioni, nella quale tutte le preoccupazioni del mondo scompaiono. La storia d’amore tra Mel e Jack sarà anche melensa e prevedibile, ma è passionale e accattivante, tanto che nemmeno ci importa che Virgin River sia poco più di un harmony: ormai ci ha già conquistati.