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I parallelismi tra Vita da Carlo e Curb Your Enthusiasm sono più profondi di quel che sembra

vita da carlo
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Lo scorso 5 novembre usciva in esclusiva su Amazon Prime Video la prima fatica seriale di Carlo Verdone, intitolata Vita da Carlo. A qualche settimana dall’uscita, non potevamo sottrarci dal fare le prime stime di un progetto coraggioso, creato da un artista che ha saputo reinventarsi a 71 anni suonati. Vita da Carlo è una scommessa vinta? Non tutti saranno d’accordo, ma sotto tanti punti di vista lo è eccome. Già solo per aver osato e lasciato entrare qualcosa di nuovo nella serialità italiana, dove raramente si esce fuori dal tracciato. Carlo Verdone, la cui immagine privata si è sempre fusa con le increspature dei suoi personaggi, è stato prima innovatore, poi è rimasto intrappolato nella tradizione. Una tradizione comica popolata dai suoi stessi personaggi e della gente che li ama e che vole ride. La serie, è vero, racconta il suo privato, però lo fa con un taglio più universale che autobiografico. Verdone racconta una storia, la sua, ma non per autocelebrarsi. Come ha appena fatto Zerocalcare con Strappare lungo i bordi (sì, ‘o sappiamo che ve sete rotti er c***o).

I 10 episodi nascono da un progetto ideato da Verdone, Nicola Guaglione e il fumettista Menotti e sono prodotti da Aurelio e Luigi De Laurentiis. Quest’ultimo ha dichiarato più volte l’apprezzamento comune verso la comicità americana in stile Curb Your Enthusiasm, Grace and Frankie o quella del comico Louis C. K. È innegabile il taglio internazionale di Vita da Carlo, che strizza l’occhio alla comicità indecifrabile della serie tv di Larry David. Un volto noto negli States, tanto quanto lo è Verdone in Italia. La sua serie, Curb Your Enthusiasm, è molto popolare negli Stati Uniti grazie al successo di Seinfeld, di cui David è co-creatore. Una sit-com che purtroppo non è mai riuscita a contagiare l’Italia. Se avete familiarità con la comedy che narra le disavventure quotidiane di Larry, le somiglianze vi saranno saltate subito agli occhi. Non stiamo accusando Verdone e il suo team creativo di plagio. Niente di meno. Aver guardato a una comicità internazionale, per restituirci un prodotto italiano lontano dai toni “sempre troppo italiani”, è sicuramente il merito più grande di Vita da Carlo. Influenze che hanno portato alla realizzazione di uno schema narrativo insolito per il nostro panorama seriale (e che non tutti hanno apprezzato). Ma non solo, insieme ad Arnaldo Catinari – il regista che Verdone ha voluto al suo fianco – hanno optato per delle soluzioni registiche dinamiche che raramente si rintracciano nello Stivale. I parallelismi tra Vita da Carlo e Curb Your Enthusiasm sono tante e sono più profonde di quanto pensiamo.

Bisogna conoscere i due universi per saper apprezzarle a pieno

Curb Your Enthusiasm

Mentre Verdone non sa dire di no neanche a un selfie, David Larry direbbe di no anche a un bambino che gli offre un leccalecca. Si tratta di due professionisti, e probabilmente di due esseri umani, talmente agli antipodi che il loro carattere non è certo un punto in comune. Eppure le analogie con la comedy dello sceneggiatore, attore e produttore statunitense sono tante. La prima, più ovvia, è quella di aver realizzato un prodotto originale. Perché esattamente come la serie di David, anche Vita da Carlo è impossibile da catalogare. Non appartiene a nessun genere specifico ed è indefinibile. Come David, anche Verdone ha dovuto fare i conti con un passato artistico ingombrante. Il primo è “Quello di Seinfeld “. Il secondo è “Quello dei personaggi”. Come fa Curb Your Enthusiasm, anche Vita da Carlo ha deciso di rivolgersi a chi lo conosce già. Si tratta di due show che non cercano un nuovo pubblico (pur attirandolo) e che sono godibili soprattutto se conosciamo il percorso artistico del protagonista. In qualche modo, queste due serie tv sono una risposta ai propri fan e rappresentano un modo per sfruttare quel fardello, e alleggerirlo. Larry e Carlo non parlano a un pubblico che non li conosce, ma lanciano un messaggio proprio a chi pensa di conoscerli bene.

Naturale sì, ma senza improvvisare

Verdone

Carlo Verdone ha dichiarato di non aver recitato in Vita da Carlo. Ha riversato tutto se stesso, alla maniera di Larry David. Entrambi si avvalgono di una recitazione naturale che sembra, ma non è, improvvisata. Il vantaggio di interpretare se stessi è proprio quello di offrire una recitazione meno forzata, più intima, leggera e serena. Un modo di stare davanti alla telecamera naturale, che dà l’impressione di trovarsi al cospetto di una persona (e non di un personaggio) che vive situazioni reali. Se è vero che l’impianto complessivo della serie rimanda a quello dei colleghi d’oltreoceano, Vita da Carlo però torna in patria. Si riallaccia alla commedia nostrana e pesca dal repertorio comune, il suo, raccontandoci la realtà, la nostra. Il livello della realtà e il livello della finzione si mescolano a tal punto da perdersi. Non conta che quello che vediamo sul piccolo schermo sia accaduto davvero. Conta come è stato raccontato. Conta il punto di vista di Verdone, e di Larry, e cosa hanno scelto di dirci. Ovviamente ognuno a modo loro e con risultati diversi. Il comico romano si è esposto, forse, anche per ricordarci che ormai i personaggi appartengono a noi, è vero, ma la sua carriera è pur sempre affar suo. E solo lui può decidere la direzione.

Trasformare il proprio vissuto in una storia universale

Larry David

Come dicevamo, a modo loro, Verdone e David hanno raccontato il capitale umano che ci circonda. E che loro sanno ascoltare. I grandi comici hanno sempre capito che dietro a una buona commedia c’è la realtà. Quanto c’è di autobiografico in entrambe le opere? Quanto basta. Il processo creativo di un artista può muoversi dal proprio vissuto, oppure no. Quello che rende vero un racconto è uno specifico punto di vista. Non importa se quella sia o no la vera casa di Carlo. Come molti si sono chiesti con un insopportabile voyeurismo. Quello che importa è che il piccolo problema quotidiano, la quisquiglia, che ha vissuto, alla fine, riguarda tutti noi. E se raccontato bene, può diventare una storia valida universalmente.

La combinazione invenzione-realtà che Verdone ha importato dalla serialità estera, gli ha permesso di trasformare il suo vissuto, e delle situazioni all’ordine del giorno, in sketch umoristici divertenti. Proprio come sapeva fare con i personaggi. Certo, ora è più maturo e malinconico. Ma la malinconia è sempre appartenuta al suo universo narrativo. Sarebbe bello ricordare all’esercito dei fan che lo rincorrono chiedendo selfie, autografi e “mi fai la nonna con le calze”, gli stessi che lo rimproverano di non aver più fatto ridere dai tempi di “la nonna con le calze”, che i suoi personaggi storici non sono mai stati canonicamente divertenti. L‘ironia di Verdone è sempre scaturita dalla malinconia, dall’amarezza e della tristezza di personaggi esasperati ed esasperanti, pieni di malessere.

Il grottesco e l’imbarazzo

Alessandro Haber

Le critiche più severe sono arrivate sia nei confronti della scrittura, che molti hanno trovato “vuotae incoerente”, che sulle tematiche più delicate (le stesse polemiche rivolte a Larry David). Come i farmacisti obiettori di coscienza e i selfie con le prostitute. Qualcuno ha trovato indelicato il suo dark humor. Come quello fatto con il personaggio della signora affetta da una malattia terminale. Ma un altro merito di Vita da Carlo (e di Curb Your Enthusiasm) è proprio la capacità di trattare i personaggi come degli esseri umani. La signora malata è una persona, e come tale può essere invadente, snervante e possiamo pure perdere la calma e urlarle contro. Qualcun altro ha trovato di cattivo gusto lo sfogo ubriaco di Alessandro Haber mentre altri hanno visto in lui un inno al politicamente scorretto. Come spiega Verdone, il suo è più vicino a un monologo shakespeariano, dove la verità si fonde alla poesia del Mercante di Venezia, che a una critica al politicamente corretto. La capacità di far arrabbiare l’opinione pubblica indica però che la comicità di un prodotto è viva e ha raggiunto il suo scopo, cioè quello di solleticare le coscienze. Come ha sempre fatto Larry David, anche Verdone è insofferente verso quelle derive estreme del politicamente corretto. In un’intervista ha dichiarato:

Durante la scrittura, ci fermavamo su ogni punto almeno cinque volte. “Attenzione, questo non si può dire, troviamo un escamotage” dicevamo. È come una specie di terrore, una forma ipocrita che ci impedisce di far ridere.

Carlo Verdone

I cameo

Morgan Vita da Carlo

Un altro dettaglio comune a entrambe le opere sono i numerosissimi cameo. I personaggi famosi coinvolti hanno subito capito il gioco: portare la loro immagine pubblica in un contesto narrativo a metà tra finzione e realtà. Insomma, la stessa formula usata in Curb Your Enthusiasm che, possiamo dire, ha funzionato anche con Verdone. Il volto noto è familiare e dona un tocco piacevole di realismo. Vediamo Rocco Papaleo nei panni di uno spacciatore di medicinali; Paolo Calabresi diventa un aspirante suicida. Poi arrivano Massimo Ferrero, Alessandro Haber, Max Tortora e Morgan nelle proprie vesti a raccontarci un’altra realtà: la loro, arricchendo la storia di Carlo con altro vissuto. Max Tortora s’ è stupito di quanto del suo privato sia stato riversato nella sceneggiatura. Si è sorpreso nel vedere come il suo personaggio – appunto se stesso – fosse stato scritto in modo così aderente al suo vissuto. E gli sceneggiatori hanno dimostrato di sapere addirittura di più di quanto Max Tortora sapeva di sé. Scegliendo il formato (semi) autobiografico, Larry e Carlo parlano di loro stessi, ma parlano di tutti noi, dimostrando che c’è più verità nella finzione.

Ma quindi io sono questo?

Max Tortora

La spalla

Vita da Carlo

Il rapporto d’amicizia tra Max e Carlo (nella serie) ripropone quasi fedelmente quello tra Jeff (Jeffrey Garlin), agente e grande amico, e Larry. Alcune gag sono piacevolmente ispirate a Curb Your Enthusiasm. Come le mogli indispettite (Susie e Ivana) che manifestano insofferenza per l’influenza che i migliori amici (Carlo e Larry) esercitano sui rispettivi mariti (Jeff e Max). Il loro è un rapporto d’amicizia intimo, confidenziale e forte, in contrasto alla loro vita coniugale, orami spenta e priva di stimoli. La coppia di amici, e la capacità di sfruttare una spalla come appoggio umoristico, è l’analogia più forte con la comedy americana. Nella versione italiana non solo funziona, ma dimostra intelligenza nel “copiare” senza fastidiose forzature, restituendoci qualcosa di originale e fresco.

Sa dialogare con i giovani

Carlo Verdone

Verdone si sente orgoglioso di aver integrato nel cast dei giovani attori (Antonio Bannò, Filippo Contri e Caterina De Angelis) dando loro la possibilità di emergere, ma anche di imparare. Come faceva il buon Sergio Leone. Vita da Carlo è una risposta elegante a tutti coloro che lo vorrebbero ancora giovane, ancora “quello dei film degli anni ’80”. A quelli che per anni gli hanno chiesto di “rifare i personaggi”. Così come è accaduto a Larry David, da tutti ricordato come “Quello di Seinfeld”. Ma anziché conservare se stesso, Carlo ha proposto – a 71 anni – qualcosa di nuovo. E lo ha fatto avvalendosi di una formula internazionale e molto poco italiana, lasciando intatta la sua essenza. Un modo per ricordare ai fan che il giovane Verdone non c’è più, perché è evoluto e sa fare posto sia al nuovo che ai giovani. Ma i personaggi nella serie di Verdone ci sono eccome. Mimmo e Furio hanno lasciato il posto alla farmacista, al sindaco, all’ex moglie e al genero invadente. E a un uomo maturo. Nel nuovo universo verdoniano c’è ancora spazio per i tipi umani. Tanti volti che, insieme, compongono un affresco. Quindi, di nuovo, dal particolare tutto ci riporta all’universale.

Carlo Verdone, senza paura di guardare fuori dai confini nazionali, si è rimesso in gioco con un’impresa nuova: la serialità.

Furio

Un’impresa per niente facile, che neanche i grandi come Woody Allen hanno saputo sfruttare a pieno. L’ha reinterpretata, a modo suo, e ha ripercorso un arco di 44 anni della sua carriera. Che in fondo appartiene a tutti noi, perché rappresenta un pezzo importante della nostra culturale popolare. Con Vita da Carlo, l’attore, sceneggiatore e regista romano si è ripreso qualcosa di suo. Ha chiuso, e allo stesso tempo, ha riaperto un cerchio. Proprio come ha fatto Larry David. L’umorismo e la malinconia di Bianco, Rosso e Verdone sono tornate in tempi moderni, riadattate in una formula e in un linguaggio contemporanei.

Verdone si è evoluto e ha lasciato entrare delle influenze nuove, estranee sia al suo repertorio che a quello della comicità italiana “vecchio stile”. Eppure la contaminazione con il panorama interinazione non va vista come una debolezza. Anzi è un segno di maturità e dimostra che il rinnovamento è possibile, anche per la comicità tradizionale. O forse dovremmo dire una comicità che nel tempo è diventata la tradizione. È importante ricordare che i nostri tanto amati personaggi, come Mimmo e Furio, partivano da premesse nuove che all’epoca non vennero subito accolte da tutti con grande entusiasmo.

Vita da Carlo, una recensione onesta della prima Serie Tv e del ritorno al futuro di Verdone