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Le straordinarie donne di Watchmen

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Attenzione contiene spoiler dei primi sette episodi di Watchmen.

Watchmen di HBO è il miglior esempio, da molti anni a questa parte, di rinascita del prestigio di un franchise da troppo tempo dimenticato nell’ombra. Lo è ancor più perché non cerca di ricreare il successo dell’originale in modo pedissequo e ripetitivo, ma anzi rielabora l’eredità raccolta creando strade nuove e interessanti. Ammodernando un prodotto che poteva correre il rischio di restare ancorato al proprio tempo.

Per ottenere questo risultato Damon Lindelof e HBO hanno dovuto affrontare le zone d’ombra lasciate del fumetto originale. Quegli elementi che probabilmente non erano problematici nella metà degli anni ’80, ma che indubbiamente e giustamente oggi suonerebbero come, quanto meno, inopportuni. Fermo restando che il lavoro di Moore, Gibbons e Higgins fu straordinario e ricco di una propulsione innovativa e critica quasi senza precedenti.

Watchmen

Il “remix” televisivo di Watchmen si svolge 34 anni dopo gli eventi del fumetto. La serie mantiene il brivido della disperazione esistenziale tipico dell’originale, ma interviene modificando molti altri elementi chiave, incluso l’obiettivo principale attraverso il quale partecipiamo e vediamo la storia. Qui, invece di concentrarsi su un gruppo di uomini danneggiati e distrutti, la serie incornicia la sua narrazione attorno a una coppia di straordinari personaggi femminili. A cui poi si aggiungono delle figure comprimarie che non abbassano di un millimetro l’asticella della profondità e della qualità.

La protagonista indiscussa è Sister Night, l’identità da vigilante di Angela Abar, mirabilmente interpretata da Regina King. A questa si affianca l’ex vigilante mascherata e ora agente del FBI Laurie Blake, al tempo Silk Spectre II. A darle corpo, espressione e voce una straordinaria e azzeccatissima Jean Smart.

Con questa scelta Watchmen si mette nelle condizioni di confrontarsi direttamente con alcuni degli elementi più problematici della sua stessa eredità. In modo particolare, con le modalità con cui venivano trattate le figure femminili nella graphic novel.

Il fumetto è giustamente elogiato per le sue interpretazioni oscure, sporche e originali degli eroi maschili che rappresenta. Allo stesso modo però non si può evitare di notare come la rappresentazione di quelli femminili sia spesso piena di sessismi e atteggiamenti misogini. Questo non vuole minimamente dire che Moore o Gibbons fossero misogeni o sessisti, ma semplicemente che, funzionalmente alla loro opera, volevano evidenziare questi elementi. Vediamo spesso che i personaggi femminili vengono uccisi, torturati o danneggiati unicamente per guidare le storie e gli archi emotivi dei personaggi maschili. Queste donne sono generalmente scarsamente vestite, altamente sessualizzate e non particolarmente arricchite come individui. Con tutte le debite eccezioni, ovviamente.

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HBO con Watchmen affronta questo problema mettendo come personaggio principale una donna complessa, capace ed estremamente sfaccettata nella sua personalità. In aggiunta a tutto ciò, sulla linea del tema principale della serie, afroamericana. Angela Abar è un’ex poliziotta che, sulla scia di un brutale assalto da parte dei suprematisti bianchi del Settimo Cavalleria, indossa una maschera e un mantello per diventare Sister Night.

Combattente di talento e detective intrepida sfoggia quello che è probabilmente il costume più comodo e sensato delle storie di supereroi di oggi. La maggior parte di queste storie tende ancora a concentrarsi sulle preoccupazioni e le ansie degli eroi, maschi e bianchi, delle principali metropoli reali o fittizie. L’idea stessa di una donna di colore, che vive in una cittadina di provincia, è già di per sé abbastanza rivoluzionaria e innovativa. Questo diviene ancora più vero nel mondo di Watchmen. Il fumetto originale non aveva mai affrontato la situazione razziale in modo significativo e presentava davvero pochi personaggi di colore.

Il suo erede del piccolo schermo invece decide di fare, fin dai primi istanti d’apertura, un importante passo avanti. Così come il fatto di scegliere due donne che fungono da fulcro attorno a cui questa storia si sviluppa.

Il terzo episodio di WatchmenShe Was Killed by Space Junk” introduce Laurie Blake. Appunto la seconda grande donna di questa serie. Un adattamento moderno della protagonista femminile del fumetto: Laurie Juspeczyk, il secondo Spettro di Seta.

Allora sembrava esistere solo perché tradizionalmente i team di supereroi avevano sempre una ragazza simbolo: che fosse Wonder Woman, Black Canary, Sue Storm o Jean Grey. Come la maggior parte dei suoi compagni di squadra, non ha abilità particolarmente speciali, ma, a differenza loro, la sua stessa alterego le è stata imposta da qualcun altro (la madre) e non da una sua scelta. Il suo ruolo principale nella storia è generalmente quello di sfilare in un costume scomodo e succinto. Servire quindi da interesse amoroso (o, peggio, sessuale) per due uomini diversi. Dire che Laurie era il personaggio più sottoutilizzato e sottovalutato non è certo un’esagerazione.

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La sua presenza nella storia originale era però anche motivata dalla necessità di convincere il dottor Manhattan a salvare la Terra. Questo, tuttavia, non ne sottolinea il valore, tutt’altro: il suo posto nella storia è quasi interamente definito da altre persone. Almeno fino all’ultima vignetta in cui appare, nella quale finalmente fa una scelta che è solo per se stessa.

La decisione di trasformare il personaggio originale più sottovalutato di Watchmen in uno dei protagonisti più affascinanti del remix televisivo è un’idea semplice ma estremamente efficace. Sostenuta poi da una qualità recitativa e da una presenza scenica da parte di Jean Smart davvero superba. Il Watchmen di Lindelof non ha inventato una nuova versione del suo personaggio: questa è esattamente la Laurie di Alan Moore. Nel bene e nel male.

Semplicemente le ha dato la legittima possibilità di brillare e prendersi la scena.

Laurie diviene quindi una forza trainante della storia. È una frusta intelligente, formidabile, divertente, arrabbiata e in fondo triste. Una donna stanca del mondo, piena di contraddizioni capace di cogliere sfumature e punti di vista che danno una profondità inaspettata a una storia di supereroi. Una persona che sa di essere stata sottovalutata da sempre nella storia delle sue più famose controparti di supereroi, ma è diventata abbastanza sicura di sé negli anni successivi da rivendicare quello spazio da protagonista. La consapevolezza del suo passato come una forza piuttosto che una debolezza. Dopotutto ce l’ha fatta quando così tanti suoi compagni sono scomparsi.

La storia che attraversa il suo episodio introduttivo, una lunga barzelletta raccontata tramite un telefono interplanetario per il dottor Manhattan, imposta il suo personaggio come l’eroina a sorpresa della sua stessa barzelletta. Una sopravvissuta che è ancora in piedi, anche quando nessun altro ha visto davvero il suo valore. Anche se la questione di ciò che ha dovuto sacrificare o perdere lungo il percorso, o se queste scelte l’hanno resa felice o insoddisfatta, è ancora lontano dal trovare una risposta.

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Il sito web di Peteypedia, creato della HBO, ci offre alcuni indizi, tra cui una trascrizione di un’intervista a Laurie in seguito al suo arresto del 1995, che indica che il suo rapporto con Dan (il secondo Gufo Notturno) o la possibilità di avere bambini come alcune delle cose a cui ha dovuto rinunciare nel corso degli anni.

Dalla storia originale di Watchmen, Laurie, ha sicuramente subito cambiamenti significativi. Ha adottato il cognome di suo padre e gran parte della sua visione cinica della vita e dell’idea, negativa, dell’eroismo mascherato.

Così facendo ha respinto l’identità di Silk Spectre II che non aveva mai chiesto di assumere. Ha raggiunto una pace inquieta, o forse semplicemente una tregua, con l’eredità di suo padre.

Ora, come leader della task force anti-vigilanti dell’FBI, lavora per abbattere coloro che stanno facendo proprio ciò per cui era famosa. Nonostante questo, però, Lindelof ci fa capire come abbia ancora un rapporto complicato e inquieto con la sua storia e il suo passato. Ogni cosa attorno a lei ci rimanda a questo conflitto interiore: dall’arredamento della sua casa, al suo dildo blu del dottor Manhattan. Laurie è due donne allo stesso tempo, pur non indossando più alcuna maschera. E la consapevolezza di questo dualismo è la spinta propulsiva alla sua lotta contro le maschere.

Sia Angela che Laurie sono donne complesse e complicate con il loro bagaglio e le loro storie, il che è parte del motivo per cui vale la pena vederle entrambe sullo schermo: è da un lato estremamente soddisfacente e dall’altro anche molto divertente. Quante volte abbiamo avuto la possibilità di vedere due donne non più giovanissime presentate, non solo come uguali, ma come forze trainanti di una serie così complessa e profonda? Di supereroi, per giunta.

Al loro fianco, con diversi ruoli, troviamo una molteplicità di comprimarie che sono solo un passo sotto le due protagoniste. Personaggi femminili forti, sfaccettati, complessi e decisamente avvincenti. Indipendentemente dal tempo passato sullo schermo. Prendiamo ad esempio June, la moglie di Will Reeves e nonna di Angela. Sia nell’interpretazione dell’episodio 6 da parte di Danielle Deadwyler che in quella del episodio 7 di Valeri Ross, ha una presenza ed efficacia straordinaria. Non viene adombrata né dalla figura di Will né da quella di Angela, ma riesce a divenire determinante e significativa pur con solo pochi minuti di presenza. Lo stesso discorso si può fare per Jessica Camacho che veste i panni della vigilante Pirate Jenny (qui un approfondimento proprio sul tema dei pirati) o per la giovane clone Bian (Jolie Hoang-Rappaport).

Anche Ms. Crookshanks, i clone “cameriera” di Adrian Veidt interpretati da Sara Vickers, nell’ultimo episodio mostrano una presa di coscienza e una forza dialettica non indifferente. Seppur grottesca e quasi onirica.

Ma sono lady Trieu e Jane Crawford che spostano l’asticella della serie verso una predominanza di ruoli femminili di spessore eccellente. Interpretate rispettivamente da Hong Chau e Frances Fisher sono finora il volano che permette alla storia di evolvere e proseguire nel suo sviluppo. Sono le artefici dell’affresco su cui Angela e Laurie possono brillare. Prove attorali maiuscole e convincenti che fanno da sostegno a due personaggi ben scritti e pensati. Verosimilmente il ruolo di lady Trieu avanzerà ancora, prima della fine, a una ribalta maggiore, ma già così ha saputo catturare l’attenzione della critica e del pubblico.

I personaggi femminili, quindi, hanno ottenuto una decisa deviazione rispetto all’originale Watchmen, ma questa scelta non ha fatto altro che dare ancora maggior spessore e attualità a una serie che poneva le sue basi su un prodotto di oltre trent’anni. In questo universo HBO le donne non sono più elementi di ripiego e di sostegno del palcoscenico principale, ma sono invece esse stesse ciò che fa realmente la differenza. Sono il sole attorno al quale ruotano necessariamente tutti gli altri come satelliti. O lune. E la loro possibilità di brillare è solo luce riflessa dalla presenza di queste straordinarie figure femminili con le quali, di volta in volta, duettare.

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