Partiamo dalla premessa che in Mercoledì le cose che non hanno funzionato sono davvero poche, e non preponderanti. La prima stagione della serie con il miglior debutto di sempre su Netflix, infatti, è stata un vero e proprio successo in tutto il mondo.
Tuttavia, ci sono state alcune piccolezze a livello di trama e impronta stilistica del noto regista Tim Burton (in veste di regista di quattro degli otto episodi della prima stagione e produttore esecutivo con Alfred Gough e Miles Millar, creatori della serie televisiva Smallville) che hanno accomunato il pensiero di diversi spettatori e che andremo a trattare in questo articolo.
La trama di Mercoledì
Ma di cosa parla la serie che mette al centro delle vicende la piccola Mercoledì Addams?
Le vicende si aprono con la giovane (interpretata da Jenna Ortega) che non riesce ad ambientarsi in una scuola per persone “normali”, bullizzata e negativa secondo ogni punto di vista, viene cacciata a seguito di una vendetta atroce nei confronti del bullo della scuola.
Non provando alcun rimorso per quanto fatto, la ragazza viene mandata, a seguito della decisione dei genitori Morticia (Catherine Zeta Jones) e Gomez (Luis Guzmán), alla Nevermore Academy, la scuola privata in cui loro prima di lei hanno trovato un luogo in cui sentirsi finalmente loro stessi.
A frequentare questo strano luogo, infatti, ci sono studenti molto particolari che condividono con lei i loro “poteri”. Mercoledì, infatti, è in possesso di poteri psichici, che le consentono di avere delle premonizioni.
Tim Burton, dove sei finito?
La prima cosa che salta subito all’occhio più attento, e che ha deluso un po’ i fan del noto regista, è che la sua impronta stilistica si nota appena e in pochissime scene. Tim Burton ha uno stile molto riconoscibile, e quasi tutti i suoi film sono diventati dei veri e propri successi.
Burton raccoglie dunque il testimone di Barry Sonnenfeld, il regista che sul racconto di Charles Addams aveva creato La famiglia Addams, la nota versione con l’indimenticabile Cristina Ricci (che torna nel ruolo del villain anche in questa nuova produzione Netflix).
Quel che molti hanno notato è che, appunto, lo stile di Burton non è così evidente, sicuramente riconoscibile nel mostro (con cui prevale ancora una volta l’enfatizzazione dei grandi occhi, cosa che piace molto a Burton), ma che si perde nelle ambientazioni, nelle scenografie e nel vestiario, che solo in alcuni personaggi ci ricorda vagamente altri film di successo dello stesso regista.
Il fatto che il suo stile si “perda”, dipende sicuramente dal fatto che prevalga più Netflix che lo stile del regista, classica cosa che succede ultimamente con diverse serie della piattaforma.
Da dark comedy a teen drama
Questo appunto può essere interpretato in modi diversi: principalmente è un’opinione che cambia in base a come lo spettatore si è approcciato alla visione della serie. Per chi si aspettava una dark comedy dalle battutine pungenti, situazioni macabre e assurde tipiche della scrittura di Addams, la delusione è dietro l’angolo.
Mercoledì, infatti, altro non è che un eccellente teen drama (eccellente perché nel suo genere funziona comunque molto bene), che ricorda inevitabilmente altre produzioni come Riverdale (ecco altre serie simili), ma che funziona meglio grazie a un budget elevato concesso dalla piattaforma di streaming Netflix.
I temi sono quelli tipici dei teen drama di oggi: diversità, accettazione e adolescenza. Niente di nuovo, insomma, ma raccontato in un modo diverso che comunque riesce a conquistare l’attenzione dello spettatore.
Il finale di Mercoledì è intuibile dall’inizio
La serie tv con Jenna Ortega e Cristina Ricci inciampa in quello che può essere definito il vero grande errore di questa serie Netflix.
Se tutte le altre precisazioni di qui sopra si possono definire piccolezze, il fatto che la trama sia scontata è forse il suo ostacolo più grande. Raccogliendo un po’ di pareri sulla serie, tutte le persone che l’hanno vista mi hanno raccontato di aver già capito il finale alla terza puntata. Di fatto, era praticamente scontato che il mostro non fosse Xavier. Sarebbe stato troppo facile, quindi per forza di cose la nostra attenzione è ricaduta su Tyler, troppo perfetto anche per lo spettatore più passivo.
Tyler era sempre nei dintorni quando appariva il mostro, frequentava la psicologa, lo stesso personaggio dell’insegnante (Cristina Ricci) era totalemente inutile se non quello appunto di diventare un villain sul finale.
Diversità e normalizzazione
La cosa che mi è piaciuta di più e che fino alla fine ho sperato restasse così, è la diversità della protagonista. La giovane Addams entra alla Nevermore Academy quasi asettica, quasi incapace di provare emozioni. Convinta di ciò che è e incurante del parere altrui, se non di quello di Mano che diventerà sempre più importante per lei.
Nonostante fossi consapevole che l’evoluzione di questo personaggio sarebbe andata lentamente verso l’omologazione, fino alla fine ho sperato che non fosse così. Il messaggio diventa quindi: è importante essere diversi purché resti sempre in qualche modo una piccola sfumatura di normalità, forse perché se non è politically correct fino alla fine una serie ormai non può più andare su Netflix.
E quindi anche il personaggio di Jenna Ortega subisce questa evoluzione, accetta un abbraccio e accetta uno smartphone, che fino a quel momento ha sempre disdegnato. Se fin qui il personaggio sarebbe comunque stato accettabile, ciò che disturba è chiaramente l’andamento che prenderà la prossima stagione, in cui Mercoledì per forza di cose diventerà ancora più “normale”.