Weeds non si risparmia mai. Se c’è un modo ancora più esagerato per spingere sull’acceleratore dell’irriverenza, lo troverà. È volutamente spregiudicata, a volte anche volgare e gratuita, perché ha una missione: liberarci tutti da noi stessi.
Ci fa venire voglia di diventare cattivi e di mandare tutto all’aria.
La parabola della famiglia Botwin ricorda in parte quella di Walter White, con un’eccezione: in Weeds non c’è nulla da imparare e non c’è mai limite al peggio. Weeds è un Breaking Bad versione dark comedy dove diventare cattivi è l’unico modo per riscattarsi. La serie che trovate su Amazon Prime Video è figlia di Showtime, una rete che ha fatto dell’irriverenza il suo marchio di fabbrica con prodotti come Californication, Shameless, Dexter e tante altre serie.
La signora Botwin dopo la morte improvvisa del marito passa di colpo da essere una casalinga impacciata e fuori dal contesto ameno di Agrestic – fatto di riunioni di genitori, pasti sani e partite scolastiche di calcio – a spacciare erba. Si è sposata troppo presto, ha fatto tante rinunce e di base è una persona ordinaria e insoddisfatta. Adesso, per motivi economici, si trova a fare qualcosa di illegale. La storia la conosciamo e non è certo nuova, ricorda il film L’erba di Grace e ha sicuramente ispirato comedy nate negli ultimi tempi come Altro che caffè e Come vendere droga online (in fretta).
Non sono una spacciatrice, sono una mamma.
Così si giustifica Nancy, ma è solo una scusa. Avrebbe avuto tante altre opzioni per ripagare il debito. Spacciare non è solo una scelta intenzionale, ma è il primo passo verso l’abbandono di quel ruolo da mamma e moglie perfetta che alla fine le è sempre stato stretto. Non ci troviamo di fronte alla triste storia di molte madri, di cui hanno raccontato serie come Gomorra, costrette dalle circostanze a percorrere la via dell’illegalità.
Weeds è la mediocre borghesia dei sobborghi americani, con tutti i suoi standard irraggiungibili, che viene mandata al diavolo con un gigantesco dito medio.
Nancy spacciatrice non è il suo alter ego. L’alter ego di Nancy è proprio la sua versione di mamma casalinga sotto la quale nasconde ciò che è realmente. Questo non vale solo per lei, vale per tutti i protagonisti della serie i quali, a partire da Mrs. Botwin, compiono tutti un’involuzione verso l’affermazione del proprio lato peggiore. E diventano stranamente felici.
Vendendo erba, Nancy viene a conoscenza di tutti i retroscena dell’idilliaca Agrestic. Dietro le belle facce, tutti nascondono vizi e depravazioni, anche i bambini. Finalmente esce il suo lato ribelle, la voglia di dominare un mondo segnato dal maschilismo da un lato e dalle mamme competitive dall’altro, le quali l’hanno sempre fatta sentire in difetto.
Prima di passare al lato cattivo, i rapporti tra i personaggi sono superficiali e vuoti.
Lo spettacolo vero inizia solo quando i protagonisti accettano se stessi e lasciano cadere le maschere. Solo allora, dai personaggi ai dialoghi, dalle situazioni alle scelte personali tutto si tinge di irriverenza pura. Quello che agli occhi della società dovrebbe essere un fallimento, per loro è una vittoria. Anzi, si vantano perfino di essere molto bravi in quello che fanno.
Weeds manda in fumo le convenzioni sociali, il finto perbenismo che imbriglia sia adulti che bambini in comitati studenteschi ridicoli, gare di magrezza, lezioni morali contro la droga che Shane, il figlio strano di Nancy, smonta con sapienza. Chi non vorrebbe avere sempre la risposta pronta, come Shane, spiazzare e smontare in poche parole secoli di cliché?
La spregiudicatezza di Weeds è liberatoria e Nancy dà a tutti un nuovo scopo.
Celia Hodes inizia un percorso di redenzione in una successione di scelte discutibili una dietro l’altra. Indossa la giacca da Pink Lady e si riappropria della vera sé, quella che un tempo spaccava tutto. Anche la sua lotta contro il cancro è irriverente, arrabbiata e per niente nobile. Quando Nancy e Celia giocavano alle mamme perfette si odiavano, invece adesso che hanno accettato la loro vera natura sono amiche o quanto meno iniziano ad apprezzarsi per quello che (non) sono.
La vera dipendenza in Weeds è dall’affermazione di se stessi.
Se nella vita reale tutti i protagonisti della serie sono dei falliti, soprattutto lo zio Andy, con il passaggio al lato cattivo emergono anche i loro “talenti”.
Anche Doug Wilson accetta tutti i suoi fallimenti e ce lo dimostra in una scena epica. Sta scrivendo una lettera piena di rimpianti e nostalgia, a un certo punto prende una corda e tutti pensiamo che sta per dirci addio. Invece no, in una pratica di asfissia autoerotica manda alla sua ex un messaggio chiarissimo:
Vienimi a prendere insieme ai tuoi avvocati, tanto non ho più nulla. E quando non hai più nulla, non hai neanche niente da perdere.
La chiave di lettura di Weeds è tutta in questa scena. Solo quando ti liberi da tutte le paure, le ansie e le aspettative, solo quando abbracci anche i tuoi lati peggiori che diventi veramente libero.
Poi c’è Shane Botwin: il figlio che nessuna mamma vorrebbe mettere al mondo.
Arguto, intelligente, corrosivo all’inverosimile, e tendenzialmente sociopatico. Shane accetta il suo essere strano e inizia a prendere a calci i bulli, punta coltelli alla gola, ammazza persone pienamente consapevole di ciò che fa. Anzi, lo ritiene giusto: quelle cose andavano fatte. Shane non ci dà lezioni morali o di giustizia. Lui è onesto, ha accettato la sua natura e fa cose che anche noi, nel profondo, vorremmo fare.
Uno ad uno tutti iniziano a comportarsi come un branco di ragazzini in gita scolastica, rra dimostrazioni di virilità gratuita, scelte folli e senza senso.
La scena in cui Celia tira i capelli a Nancy ordinandole di essere sua amica rasenta livelli di infantilità inaudita. E quanto ci piace vedere degli adulti che senza contegno si prendono letteralmente a capelli!?
Nessun personaggio è esente dall’involuzione. Nemmeno Silas, il fratello maggiore, il quale pur essendo il più maturo non è immune alle tendenze criminali che appassionano tutta la famiglia Botwin & Friends.
Weeds è maleducato fin nei minimi dettagli.
Non è irriverente per stupire, ma per sottolineare ancora di più la nostra profonda insoddisfazione per le regole e per il quieto vivere. È immorale in ogni parola e in ogni azione perché vuole mette in pausa il nostro lato civile ed educato e, solo per un momento, vuole farci assaporare il brivido di essere fuorilegge e ingiustificatamente maleducati. Dalla prima all’ultima puntata la serie diventa sempre più esagerata. Quando pensiamo che più in basso di così non si può andare, ecco che raggiunge un nuovo record e ci fa provare quell’euforia liberatoria propria del toccare il fondo.
A mano a mano, attraverso i loro occhi e con i dialoghi assurdi ci rendiamo conto di quanto invece sia la realtà stessa ad essere folle.
Ad esempio il dialogo sulla guerra in Iraq che Andy trova ingiustificata mentre Doug, che lo confonde con l’Iran, difende in nome dell’11 Settembre. Quando Andy gli chiede di giustificare il fatto e gli fa notare che comunque nessuno di questi Paesi ha a che fare con l’accaduto, Doug taglia corto rispondendo:
Che differenza fa? Entrambi hanno la sabbia.
Il brindisi di Nancy nel finale della 7 ° stagione ci regala una lettura caustica anche della famiglia:
Tutti sono un po’ felici e tutti sono un po’ miserabili: questa è la famiglia.
Sappiamo quanto il valore di questa istituzione sia importante nella cultura statunitense, infatti in molte serie tv vediamo protagonisti fare qualunque cosa in suo nome. Qui, come anche in Breaking Bad, ci viene detta la verità: nessuno fa le cose per la famiglia, le fa solo per se stesso. Solo che in Weeds questa tendenza è comune a tutti i componenti e i Botwin diventano una famiglia unita solo quando tutti accettano il lato disfunzionale gli uni degli altri.
La serie è una tregua dalle ambizioni, dalle aspirazioni, da quel super-io che ci spinge sempre a fare la cosa giusta.
Siamo di fronte a una rivincita per la nostra parte peggiore che vorrebbe prendere il sopravvento e fare la cosa sbagliata. Non solo abbiamo colto il frutto proibito, ma lo abbiamo gettato a terra con noncuranza e lo abbiamo perfino schiacciato.
L’inno di Weeds potrebbe essere: “let your freak flag fly”.
Lascia volare la bandiera della tua stranezza, dice Celia a Shane in un momento di confessione tra una donna matura in preda ad un crollo emotivo e un ragazzino consapevole del suo essere diverso. La spregiudicatezza di Weeds è liberatoria, è inebriante ed è un invito ad abbracciare fino in fondo anche i nostri difetti, le nostre stranezze e perversioni. Ogni tanto, possiamo lasciarci andare e fregarcene di essere sempre all’altezza di chissà quale ideale irraggiungibile, prendere l’ukulele e cantare come fa Doug.
Con quella nonchalance che la contraddistingue, Celia confessa al ragazzino che recentemente ha smesso di preoccuparsi di quello che la gente dice. Ha finalmente accettato se stessa, con tutto quello che ne consegue.
Grazie Signora Hodes per averci detto la verità.