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Cos’è Dio in Westworld?

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Recentemente si è conclusa la seconda stagione del capolavoro distopico creato da Jonathan Nolan. In questo secondo atto, Westworld ci ha regalato ulteriori spunti di riflessione riguardanti la sua più profonda e celata narrazione, indirizzando lo spettatore ben oltre la semplice ribellione della macchina contro l’uomo. Westworld per gli occhi più attenti è un capolavoro contemporaneo, ricco di sfumature. Qui parleremo del concetto di Dio e di come la sua figura nello show sia fortemente mutevole.

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Il concetto di Dio è difficile da riassumere in poche righe e in base al suo contesto storico e culturale può avere differenti interpretazioni. Per quanto concerne Westworld, potremmo ritrovare molti elementi riconducibili a più ipotesi: sicuramente il Dio unico monoteista; l’aspetto politeista tipico prevalentemente delle civiltà superiori del mondo antico; l’Essere Supremo delle religioni tribali e infine il concetto di Dio in quanto karma, tipico delle filosofie orientali e in particolare del mondo buddista. Per comprendere tale concetto bisogna fare un viaggio. Un tuffo nel passato e nelle radici delle religioni, con le sue contraddizioni e il suo fascino. Il viaggio alla scoperta del fardello più grande dell’umanità dall’inizio dei tempi: il suo rapporto con Dio. Come si sposa tutto ciò in Westworld? Analizziamo i vari elementi visivi e narrativi.

Le divinità

“Le divinità di una religione politeista hanno caratteri ben precisi: immortali e virtualmente sempre e dovunque capaci di intervenire nelle vicende terrene. Esse hanno personalità complesse: ciascuna differisce dalle altre, ma tutte sono inserite in un organico “mondo divino” mediante una rete di rapporti reciproci”

Partiamo dal basso analizzando un elemento prevalente della prima stagione. I tecnici della Delos, ovvero i dipendenti alla base della piramide, coloro che aggiustano e riportano in vita i residenti. Agli occhi degli androidi sono una presenza misteriosa e onirica. Essi insinuano un embrionale concetto di dubbio sulla loro esistenza. Ne abbiamo la massima espressione in Maeve che più volte parlerà di loro come dei e li disegnerà su dei fogli nel tentativo di ricordarli.

Potremmo associare le figure dei tecnici agli dei politeisti tipici delle civiltà superiori, i quali proprio come nelle mitologie sono parte di un pantheon ben più grande e variegato. Ultimi come “ruolo” divino, non risultano di certo meno rilevanti nel concreto. Senza di loro, i residenti non avrebbero la possibilità di risvegliarsi dopo la morte e sarebbero destinati a un unico epilogo. Inoltre, senza questa possibilità, i residenti non avrebbero mai acquisito la “coscienza” in grado di farli ribellare per cercare la loro strada.

Tuttavia il concetto di divinità tende a mutare dal momento in cui si inizia ad avere coscienza di sé e della realtà circostante. Se siamo figli di Dio, come gli stessi residenti, anche noi siamo divini e in grado di evolverci per poter arrivare a un livello di consapevolezza ben più alto rispetto ai parametri che ci trattengono schiavi nel mondo. Proprio in questa visione entrano in gioco i pezzi grossi della Delos.

L’essere Supremo

“L’essere Supremo, nelle religioni in cui domina, è datore di tutto ciò che, per la società, è umanamente incontrollabile ed esistenzialmente importante. Perciò solo raramente è un essere unicamente buono, ma è buono e cattivo nello stesso tempo, come il mondo”

Possiamo prendere ad esempio queste parole dello studioso Angelo Brelich per analizzare più a fondo l’idea di Dio riconducibile ai due fondatori del parco. Ford e Arnold simbolicamente rappresentano la definitiva opposizione tra due figure divine ben distinte. Se per Arnold possiamo parlare di Dio unico, nel caso di Ford abbiamo un “Essere Supremo” tipico delle civiltà tribali. Questo Essere, sebbene abbia molti punti di connessione con il Dio monoteista, ne è differente. Come descritto da Brelich, Ford appare buono e cattivo come lo stesso mondo. Difatti il fondatore lo dimostra più volte trattando gli androidi per ciò che sono e usandoli per scopi spesso moralmente discutibili.

Tuttavia nella seconda stagione di Westworld lo stesso ruolo di Ford cambia, assumendo l’immagine di un salvatore. Un padre che finalmente può abbracciare le sue creature e donare loro il futuro e la prosperità che meritano. Ora i suoi figli sono pronti. Ora possono ascoltare le sue parole, farle proprie, in modo che esse possano renderli qualcosa di molto più elaborato ed evoluto di una semplice macchina. Il modus operandi freddo e meccanico di Ford altro non era che uno stratagemma per aiutare le sue creature a raggiungere il risveglio necessario. Un risveglio volto a capovolgere il mondo e distruggere un equilibrio figlio di una realtà che sta cambiando, proiettandosi nel futuro.

Il Buddismo

Parlando di risveglio possiamo collegarci alle filosofie orientali. È molto difficile poter parlare con assolutismo di questa religione, visto e considerato che ne esistono varie dottrine differenti. Dovremmo spostare la nostra attenzione alla radice del concetto e come tale filosofia sia nata nel mondo. Parliamo dell’India vedica politeista e di come i rituali nel corso dei secoli siano diventati ben più importanti delle divinità stesse. Ad aiutarci anche questa volta le parole di Brelich.

“Nello stesso periodo upanishadico si sviluppa l’idea del karma. La legge universale secondo cui ogni azione provoca automaticamente conseguenze e con ciò lega a questo mondo chi la commette, anche attraverso innumerevoli vite che saranno migliori o peggiori secondo le azioni compiute”

Abbiamo in Westworld due esempi lampanti di differenti risvegli. Sebbene non siano presenti meditazioni volte al raggiungimento dell’ascesi, il concetto secondo cui Dio sia dentro di noi è ben presente in ogni personaggio, sia esso reale o androide. Soprattutto tale ideologia è fortemente influenzata dal karma. Ogni azione che i nostri personaggi operano porta a delle conseguenze che si ripercuotono in una successiva vita.

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Per gli esseri umani, la vita successiva è simbolica e ne abbiamo un esempio in William, il quale – come un serpente fa con la pelle – si spoglia da ciò che credeva di essere per lasciare spazio alla sua vera essenza. Liberandosi dall’uomo che era, nel parco da lui acquistato egli può permettersi di essere il mostro che è davvero. Tuttavia la sua metamorfosi contagerà tutto ciò che lo circonda. Come un virus vorace, farà a pezzi ogni goccia di affetto e amore, ritraendo William per ciò che realmente è: un uomo solo. Eppure è lui stesso a decidere del suo destino. Un destino beffardo che fino all’ultimo lo metterà alla prova e lo distruggerà prima nel corpo e poi nella mente.

“Che senso ha sopravvivere se siamo crudeli quanto loro?”

Per i residenti non è diverso. Al fine di poter raggiungere il giusto livello di consapevolezza, bisogna morire più e più volte. È necessario provare dolore, rivivere la propria inerme condizione per poi aspirare al libero arbitrio e liberarsi dalle catene che li tenevano imprigionati. Eppure il karma non perdonerà neanche loro. L’esempio più lampante lo abbiamo nel rapporto tra Teddy e Dolores che gradualmente si incrinerà per un fine più grande e un incontrollabile desiderio di rivalsa verso i loro dei: quelli della Delos.

L’eroe culturale

“Quando in una mitologia figura già un creatore, l’eroe culturale assume spesso la parte dell’antagonista (es: strappa al creatore alcune cose che egli non vuol concedere) e può compiere anche atti prototipici, come il primo uomo

Per capire meglio il concetto, anche questa volta è necessario prendere come riferimento le parole di Brelich. La figura dell’eroe civilizzatore è complessa e in Westworld ne abbiamo solo alcune sfumature. Non è difatti forzato dire che qui gli eroi civilizzatori sono Dolores e Bernard, gli unici superstiti del vaso di Pandora aperto da Ford. Un’analogia è possibile ricordarla nel mito greco di Prometeo: simbolo di ribellione e lotta al potere.

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Prometeo rubò il fuoco agli dei per donarlo agli uomini con un gesto di benevolenza. A causa di ciò venne punito da Zeus, che lo incatenò a una rupe inviandogli un’aquila che potesse dilaniargli il petto durante il giorno per poi ricominciare il giorno dopo, quando Prometeo è risanato dalle ferite.

Nella storia dell’Occidente questo mito è un inno alla libertà del progresso contro il potere. Sebbene egli fosse un titano – e quindi un antico e primordiale Dio – venne umiliato e condannato da Zeus per aver aiutato gli uomini, che a quel tempo potevano banchettare insieme agli dei.

In Westworld abbiamo con Dolores e Bernard due prototipi evoluti di quel che può essere considerato un Prometeo distopico. Dolores fa sua tutta quella conoscenza che le permette di innalzarsi a un gradino superiore rispetto ai suoi simili. Bernard di contro viene forgiato da Ford come il più completo degli androidi. Lo scopo è prendersi quel mondo che i creatori gelosamente custodiscono per loro: il mondo reale, sconosciuto agli occhi degli host.

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Abbiamo quindi nella conoscenza il fuoco di Prometeo. Il mondo reale è il progresso a cui si rivolge. Infine la ripetuta morte e la necessaria resurrezione rappresentano la punizione del suo creatore. Il fine che può permettere a una specie moderna di progredire e dare vita a un nuovo mondo. Forse saranno proprio questo Bernard e Dolores. Saranno i “primi uomini”, condottieri avveniristici artefici di un nuovo inizio e consci di aver ucciso il loro Dio.

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“Quando Alessandro sentì che v’erano un infinità di mondi, pianse perché non avevano ancora potuto farsi padroni di uno solo”

Questa frase dello storico Plutarco – usata anche in Westworld – si riferisce al leggendario condottiero macedone Alessandro Magno. Osservando con più attenzione la realtà in cui viviamo, siamo costantemente dilaniati da dubbi e riflessioni su ciò che ci circonda. Inevitabilmente il pensiero si posa nell’effimero e vacuo desiderio di evasione. Così tanti esseri umani e così insignificanti in un immenso universo, come potrebbe Dio tracciare un disegno preciso per tutti?

Eppure è possibile, in ogni prospettiva in cui si desidera osservare la figura di Dio. Il mondo in cui viviamo è solo una gabbia dentro un’altra gabbia più grande, probabilmente oscura ai nostri occhi. Così come per noi, anche per gli androidi il mito della caverna di Platone risulta più contemporaneo che mai.

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I residenti non sono che prigionieri incatenati, ignari della propria condizione, della vera struttura del loro mondo e del pericolo che hanno alle spalle. Verrà concesso solo a pochi di uscire e vedere un nuovo mondo al di fuori della caverna, ma la luce accecherà i loro occhi, li renderà momentaneamente “ciechi”.

Questo è proprio ciò che succede agli androidi della Delos. In particolare parliamo di Dolores, Bernard, Maeve e del “selvaggio” pellerossa. Loro quattro saranno gli unici a cui verrà concesso di vedere la luce, a modo loro tenteranno di dirlo agli altri “prigionieri” i quali reagiranno nei modi più disparati, anche con diffidenza e violenza.

“Questo è il mondo sbagliato, non è giusto… Dov’è l’uscita?”

Eppure è nella sofferenza e nel disfacimento totale della nostra vita che in maniera del tutto inaspettata possono arrivare le risposte che cercavamo da tempo. Logan ormai impazzito darà un consiglio prezioso al pellerossa che fino alla fine del suo cammino non si darà pace, sopravvivendo per undici lunghi anni. Dov’è l’uscita? Questa la domanda che continua a ripetersi e a coltivare dentro se stesso. L’uscita dalla caverna è semplicemente l’uscita dal parco, ma sarà davvero una liberazione? E l’uscita sarà quella giusta?

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Probabilmente il mondo nel quale cercano la libertà i pellerossa è solo una variante di Westworld, del parco Shogun giapponese e della realtà stessa degli esseri umani. Realtà che paradossalmente sarà messa in continua discussione. Una realtà in cui il creatore diviene talmente evoluto da costruirsi con le sue memorie l’immortalità sfruttando le proprie creature per un ultimo diabolico e insano progetto.

È quindi giusto concludere riproponendo la domanda iniziale. Cos’è Dio in Westworld?

Chiaramente è una domanda a cui non si può rispondere. Il concetto di Dio contiene al suo interno svariate sfumature in alcuni casi neanche troppo nette. Esse si mischiano tra loro regalando una miriade di interpretazioni allo spettatore, il quale ne può cogliere tutti gli insegnamenti e le riflessioni che desidera. Westworld è quindi un libro aperto da assaporare pagina dopo pagina scovando ogni connessione con la nostra realtà.

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