La musica produce empatia, emozione, coinvolgimento. Le vibrazioni toccano le più profonde corde della nostra anima permettendo allo spettatore di immedesimarsi e poter avere una visione più ampia dell’argomento trattato. Così come nei prodotti cinematografici anche nel piccolo schermo e in questo caso in Westworld, la colonna sonora svolge un ruolo determinante ai fini della narrazione. Al fine di poter comprendere chiaramente di cosa stiamo parlando, occorre analizzare gran parte delle tracce utilizzate dal compositore in correlazione al contesto in cui vengono riprodotte.
Il compositore è quindi una figura chiave. Parliamo in questo caso di Ramin Djawadi, molto affermato sia nel cinema che nella televisione. Basti pensare che si parla dello stesso compositore di Game of Thrones. Un nome quindi importante che nel caso di Westworld ha curato ben trentaquattro differenti musiche solo nella prima stagione. Proprio sulla prima stagione soffermeremo l’attenzione del suo operato.
Ramin Djawadi ha pubblicamente dichiarato più volte tramite il suo profilo twitter le motivazioni dietro la scelta di determinate tracce. Le sue parole rivelano dettagli abbastanza chiari e sono un ottimo spunto di riflessione.
“Lo show ha un’atmosfera anacronistica. È un parco tematico western; tuttavia ci sono dei robot, quindi perché non avere canzoni moderne? Ed è se stessa una metafora, inserita nella tematica generale dello show”
Westworld come ben sappiamo è incredibilmente saturo di metafore e simbolismi. Parliamo di una Serie Tv dotata di una meravigliosa profondità narrativa. Non poteva essere diversamente per la sua parte musicale. Difatti Ramin Djawadi, oltre a musiche composte ex novo, ha voluto riadattare svariati brani anche moderni, in opere orchestrali che ben si sposassero con la scena.
La colonna sonora di apertura, “Sweetwater”, suscita passive emozioni nello spettatore. Si percepisce da subito un’inquietudine marcata. La stessa forza delle note viene enfatizzata dal prevalente colore bianco. Difatti il bianco è l’unico colore che comprende tutti i colori dello spettro luminoso, a differenza del nero simboleggia il principio della fase vitale. Ed è proprio questo “Sweetwater”. La colonna sonora descrive con forza e inquietudine l’inizio della vita artificiale in Westworld e tutto ciò che ne scaturisce.
Altri esempi li possiamo percepire in svariate occasioni durante la visione. Molte delle tracce hanno anche un nome scelto con estrema accuratezza. Senz’altro l’esempio più importante lo abbiamo in “This world”. Questa colonna sonora è presente in molte delle scene rievocative, soprattutto in correlazione al risveglio di Dolores ma non solo. Il suono è lento e soave quasi come a prendere per mano lo spettatore e portarlo dentro i bellissimi paesaggi di Westworld, le emozioni degli androidi e il loro tortuoso cammino di risveglio.
Parlando di “risveglio”, tutt’altro gioco lo abbiamo con tracce che nuovamente si sposano con l’inquietudine. “Online” presenta anche note isolate, scintillanti l’una dall’altra, richiamanti nello spettatore il pericolo insito nel voler giocare a fare Dio.
Abbiamo altri importanti esempi con “Dottor Ford” e “Back to Black”. Nel primo caso abbiamo una traccia quasi malinconica che ben si sposa in piccoli momenti chiave frequenti nella visione. Ricordi o prese di coscienza temporanee oppure scene di grande impatto emotivo. Lo stesso Ford, fondatore del parco, è la persona più elaborata dello show. In lui è difficile scrutare la verità, proprio come accade per tutto ciò che succede in Westworld dove il concetto stesso di realtà è perennemente messo in discussione. Per “Back to Black” abbiamo una cornice perfetta del gioco senza sbavature creato dalla Delos. La musica del pianoforte ricorda la semplicità e la creatività del parco.
Un altro esempio è senz’altro “No one’s controlling me”. La traccia è presente prevalentemente dopo il risveglio concreto degli androidi. Le note in questo caso si fanno forti e d’impatto. Rivelano allo spettatore un cambio di situazione e aiutano a percepire un pericolo.
“È grandioso poter utilizzare queste canzoni invece che composizioni strumentali perché sono melodie conosciute, aumentando così l’idea che sia tutto scritto e controllato”
Tuttavia tutte le tracce si influenzano a vicenda in qualche modo nel racconto della storia. Più volte vengono ripetute e riadattate in contesti fortemente funzionali. Per tornare al discorso iniziale, oltre alle tracce ex novo abbiamo anche esempi di riadattamenti musicali di brani famosi. Da citare sicuramente le canzoni del saloon: abbiamo un irriconoscibile “A forest” dei Cure oppure un “No surprise” dei Radiohead.
Chiaramente anche in questo caso le canzoni ben si sposano con il contesto e spesso non solo orchestralmente ma anche a parole se si vuole analizzare il testo reale di alcune canzoni. Ne abbiamo l’esempio più completo in “Paint in Black” dei Rolling Stones. Le note della versione orchestrale richiamano l’idea della tragedia. Sono profonde, cupe, quasi abbandonate a se stesse. Il suono richiama una rassegnazione e una desolazione percepibili per un orecchio più attento. Tuttavia non solo, nella sua seconda parte, la musica si fa più veloce, attiva, riprende tono e ritmo con un crescendo di emozioni.
Questa traccia si collega perfettamente nella scena in cui viene riprodotta: la sparatoria all’esterno del saloon. Siamo nel primo episodio, volto a farci capire subito il nocciolo della questione. Esiste la morte, la violenza, la desolazione, il terrore e la paura. Tuttavia esiste anche l’adrenalina del pericolo, lo stravolgimento dell’ordine, il casus belli di una linea narrativa a completa disposizione dell’ospite. Il gioco in tutto il suo crudele e splendido concepimento.
“I see people turn their heads and quickly look away, like a new born baby it just happens every day”
Sempre nel caso di questa traccia mi piace immaginare che le parole siano parte integrante del progetto. Ci sono richiami piuttosto evidenti anche se la canzone parla di tutt’altro. I residenti non sono consci della loro realtà, ne subiscono passivamente gli avvenimenti. Il loro sguardo è altrove e come ogni ciclo rinascono con lo stesso scopo.
Per concludere è da citare ovviamente la colonna sonora di chiusura. Dopo “Exit a music (for a film)” sempre dei Radiohead abbiamo “Reverie”. La traccia in questione è satura di una malinconica allegria. Rappresenta la fine dei giochi per come li conosciamo e l’inizio di qualcosa di ben più temibile. Il processo del “risveglio” si è concluso e al suo posto viene lasciato spazio a ciò che questo risveglio comporterà nel mondo degli uomini.
Reverie è tutto questo, una macabra consapevolezza che si fa largo tra tutti, residenti, azionisti e spettatori. Le note sono a tratti metalliche ma richiamano anche una parvenza di desolante quiete. La giusta colonna sonora per un giusto finale con il botto.