Sono stato rinchiuso per settimane nella tua scatola a forma di cuore
Sono stato trascinato nella tua trappola magnetica a pozzo di catrame
Vorrei poter ingoiare il tuo cancro quando sei disperata
Il 21 settembre 1993 usciva In Utero, uno degli album più conosciuti e apprezzati dei Nirvana. In ogni traccia, in ogni strofa, in ogni grido improvviso e straziante si respira la mortale e irresistibile attrattiva del dionisiaco, dell’irrazionale che si proietta e si promana in ogni cosa. Questa forza ancestrale controlla e domina Cobain. Lo dilania fino a restituire di tutto il suo essere solo brandelli sparsi. La possessione di Kurt Cobain parla di un desiderio fatale. Parla del femmineo. Westworld nell’ultimo trailer ufficiale sceglie i Nirvana e in particolare si affida a Heart-Shaped Box per lanciare la sua seconda stagione.
Manca ormai pochissimo al debutto. Questa notte alcuni di noi rimarranno svegli per non perdersi fin da subito quella che promette di essere l’evoluzione consapevole di un capolavoro in germe. Noi di Hall of Series abbiamo avuto il privilegio di essere scelti per la visione in esclusiva dei primi cinque episodi. Ne è uscito un resoconto (senza spoiler) che ci trascina in una poetica che per ora possiamo solo intuire. Ma che sappiamo essere qualcosa di mai visto.
Westworld dopo i Radiohead punta sui Nirvana e la scelta non sembra casuale.
Heart-Shaped Box non è una canzone qualunque, è un atto d’amore e di odio. Un’accusa e un’ammissione di dipendenza. Come l’intero album parla di una donna. Una donna che morbosamente possiede Cobain, un imene carnivoro che non lascia scampo. Che sia identificabile ora con la madre ora con la sua Courtney Love poco importa. È una donna fatale e terribile. Una donna dionisiaca che vive in un mondo senza morale. Nel mondo dell’irrazionale.
Nella nuova stagione di Westworld questo ruolo non potrà che essere assunto da due grandiose interpreti. La prima è naturalmente Dolores di cui nel corso della prima stagione abbiamo apprezzato un’oscura evoluzione, quel suo tormentato interrogarsi che è sempre stato in germe dentro di lei. Lo stesso tarlo che ha genialmente percepito nella donna Arnold. Il suicidio-assistito del co-fondatore del parco, come quello di Ford, non è altro che l’ammissione dell’orrore di cui si sono macchiati. La scoperta di un peccato originario che ha sottratto gli host al paradiso di “natura”.
La seconda grandiosa donna è l’ormai ex-maîtresse del Mariposa, Maeve Millay che nel corso della prima stagione ha assunto man mano sempre più spazio fino a divenire interprete principale. Maeve rappresenta l’architrave costruttivo di tutta la tematica di Westword o almeno il suo asse portante: l’umanità soffiata come anelito vitale in un processore elettronico dotato di un corpo. E incarna la ribellione dell’ormai-uomo contro il suo Dio. “La vendetta è solo una preghiera diversa al loro altare”. Questa frase del trailer, questa massima pronunciata da Maeve in uno scenario di distruzione e strage fa presagire qualcosa. I due angeli della morte, Maeve e Dolores, non meditano solo vendetta.
Non è tanto questo. Cercano e vogliono imporre il loro posto nel mondo.
I valori di entrambe sono, dopotutto, valori d’amore. Ambedue diventano espressione del trans-umanesimo, di quella corrente di pensiero che vorrebbe annullare l’uomo per com’è e rifondarlo rendendolo Dio di se stesso. Un uomo escluso da malattie, invecchiamento e sofferenze. Ne Le particelle Elementari, imprescindibile romanzo di uno di quei pochi, grandi maestri della contemporaneità che è Houellebecq, si immagina un futuro dominato da un essere umano in pace con se stesso, che guarda al suo passato come a un tempo lontano e incomprensibile.
Eppure, la storia non è ambientata nel futuro ma nel presente. Un’epoca “infelice e travagliata” che certo non verrà rimpianta ma che pur sempre costituisce il vero tema d’interesse. Come a dire che l’uomo non è tale senza una ricerca, per quanto dolorosa essa sia.
Westworld fa suo questo concetto. Anche la seconda stagione sarà perciò strutturata come un’indagine. Non più al cuore del labirinto ma a una porta. Una via d’uscita, una fuga e una liberazione. Il paradiso infernale in cui gli host sono rinchiusi non basta più all’oltre-uomo che vuole imporsi nel mondo. Non è ancora il tempo di un’epoca nuova, di un uomo immortale e dominatore del cosmo. È il tempo della lotta. La lotta dell’uomo antico col moderno, del passato col presente.
Da un lato la logica spesso perversa e malvagia di chi sfoga le sue pulsioni più basse e oscure finalmente privo di tabù morali. Dall’altro il desiderio di libertà e amore.
Un amore che, come abbiamo constatato nella parte finale della scorsa stagione, non è più un sentimento simulato ma diventa autentico anelito di vita. Come nel film Her, anche in Westworld l’intelligenza artificiale colpita dall’autenticità dell’amore diventa realmente viva e vitale. Maeve agisce contro se stessa, contro quelle che sarebbero dovute essere le direttive inserite nel suo script. Non abbandona il parco ma rimane. Lo fa per amore di una figlia di cui mantiene un ricordo, ormai non più semplice rimembranza.
Arnold e Ford, come Michel Djerzinski, protagonista de Le Particelle Elementari, si sono fatti interpreti del trans-umanesimo. Hanno dato origine all’oltre-uomo e ora lasciano spazio alla propria creazione. Il loro suicidio è il sacrificio di un padre che permette al figlio di prendere il suo posto nel mondo.
“The Door”, la porta, potrà esprimere la fuga della sconfitta dell’uomo antico ma anche la via d’accesso per l’uomo nuovo che oltrepassa (‘transire’) il confine e si proietta all’esterno provando a imporsi come finale dominatore del mondo. È l’inizio di un mondo nuovo? Lo scopriremo molto presto, in un viaggio che inizierà questa stessa notte. Noi siamo pronti. Westworld is back.