Westworld è una di quelle opere in grado di conquistare fin dalle prime battute della sigla. Da film nel 1973, e da Serie Tv oggi grazie a Jonathan Nolan e Lisa Joy. Westworld è un parco divertimenti popolato da androidi, creati allo scopo di fornire ai visitatori un’esperienza in perfetto stile western. I robot dovrebbero soddisfare ogni capriccio dell’uomo ma – per un malfunzionamento – prendono il sopravvento, evolvendosi.
La serie ha una profondità narrativa inimmaginabile. Ogni elemento, ogni battuta, ogni gesto nascondono sempre un significato e la musica gioca un ruolo importantissimo: riesce a creare emozioni ed empatia, permettendo allo spettatore di immedesimarsi e di avere una visione più ampia di ciò che vede. Perché, in fin dei conti, la musica è un linguaggio universale. Travalica le frontiere, comunica e plasma idee, emozioni, credenze in elementi concreti. È la colonna sonora che accompagna ogni gesto quotidiano: tutto ciò che viviamo, in fondo, è riassumibile con una canzone.
Ogni scena di Westworld è così connessa alla musica che quest’ultima diventa un elemento fondamentale per capire ciò che stiamo guardando. Le maglie della trama sono intessute di melodie, ne adottano le espressività e in qualche modo rimandano al contesto storico.
Parlando di Westworld e di musica, è imperativo partire dalla sigla della prima stagione, completamente strumentale e composta da Ramin Djawadi. Un nome autorevole nel mondo dello spettacolo: è l’il creatore della sigla di Game of Thrones (qui notizie sul suo primo spin-off) e di alcuni dei pezzi più riusciti della Serie, come The Rains of Castamere. Un’aria spettrale e inquietante pervade la sigla di Westworld. Il mondo western è nettamente contrapposto alle fredde immagini del laboratorio. Osserviamo la lenta creazione di un androide in sella a un cavallo, le mani di un ospite che suonano il pianoforte per poi capire che ogni tasto suona da solo.
Epicità western e pulsioni umane, le stesse che contaminano gli host di Westworld, sono in primo piano nelle immagini. Il tutto è sottolineato dal crescendo della melodia che si aggroviglia su sé stessa in un vero e proprio labirinto, un tema che ritornerà spesso nella Serie. La musica descrive l’inizio della vita degli androidi e le conseguenze che ne scaturiscono. Anche per questo le sue note vengono rafforzate dal bianco, il colore della vita.
Identica in musica, la sigla della seconda stagione presenta alcune variazioni. I numerosi rimandi western scompaiono, eccetto pochi elementi: un cappello nero, simbolo di William; una chioma bionda che rappresenta Dolores; una madre e un bambino – che sostituiscono gli amanti, fulcro della stagione precedente – indicano Maeve e sua figlia. La melodia non rappresenta più l’inizio della vita ma enfatizza il cambiamento degli androidi. Ora sono più aggressivi e pronti a superare i limiti imposti dai loro creatori. Concetto perfettamente realizzato nella figura del bufalo, che sostituisce il cavallo, e nella maggiore presenza del colore nero.
Già presente nella sigla, il pianoforte è uno dei protagonisti di Westworld. Lo troviamo ovunque: nel saloon Mariposa, nell’ufficio di Robert Ford, nella casa di James Delos. Sempre in secondo piano, eppure così importante. La musica del resto fa parte dell’offerta d’intrattenimento del parco, è funzionale nella creazione di una dimensione basata sulle emozioni ed essenziale elemento narrativo. Il pianoforte non ha mai smesso di suonare tra le insanguinate pareti del Mariposa. Non muore mai e così prolunga la sua vita oltre la forma, come stanno tentando di fare alla Delos. Nessun grande musicista è morto, si è semplicemente trasformato in musica.
Nell’ufficio di Ford, location più intima e raffinata, il piano dà vita a Claire de Lune di Debussy, compositore che ritorna anche con Rêverie. Questo brano chiude la prima stagione e rappresenta la fine del risveglio degli host con tutte le conseguenze che comporta. Le note – a tratti metalliche -richiamano una quiete tutt’altro che incoraggiante. Inoltre le “revieries”, ovvero i sogni a occhi aperti, sono quel particolare innesto che avvicina i robot all’esperienza degli uomini, macchiandoli di umana essenza. Nel Claire de Lune, i tasti sono sfiorati dal tocco di uno degli androidi, coerente con la figura del deus ex machina Ford, intento a fruire delle abilità straordinarie da lui stesso ideate e applicate.
Il piano – che sia meccanico o meno – non sembra avere confini di espressività, genere e rielaborazione dei contenuti musicali. Riesce ad andare oltre il solo intrattenimento e mostra una sorta di anima viva nelle trame dei vari episodi. I tocchi del pianoforte si trasformano ad esempio in A Forest dei Cure, Black Hole Sun dei Soundgarden e No Surprises dei Radiohead.
Oltre alle composizioni di Djawadi e alle reinterpretazioni del piano, sono presenti canzoni che hanno fatto la storia della musica, riarrangiate e reinterpretate. Un brano radicato nella coscienza collettiva è in grado di assicurare grande supporto a una scena. Riesce a catturare l’attenzione dell’ascoltatore e prepara il suo orizzonte d’attesa a un’intensità sempre crescente. Basti pensare al secondo arrivo di Hector e della sua banda al Mariposa: la sequenza della sparatoria viene scandita dalla strumentale Habanera della Carmen di Bizet. Le note sottolineano ogni passo degli host, ogni colpo di pistola, soprattutto il primo, aumentando l’intensità del momento.
Ognuna di queste canzoni è perfettamente collegata al contesto in cui viene riprodotta. Tra queste, spicca soprattutto Paint It Black dei Rolling Stones in versione orchestrale. Troviamo spesso questa traccia, in momenti che si ripetono all’interno di Westworld: ad esempio, la sparatoria all’inizio della prima stagione e quella nello Shogun World nella seconda. Gli archi preannunciano la drammaticità della scena e un duello western viene strappato al cliché per diventare epica. Inizialmente le note sono cupe, profonde per poi prendere ritmo e accelerare nella seconda parte, in un crescendo di emozioni. Violenza, desolazione, paura, pericolo e adrenalina: questa canzone rappresenta Westworld e il suo scopo in tutta la sua nuda e cruda verità.
Exit Music (For A Film) dei Radiohead annuncia i titoli di coda del finale della prima stagione di Westworld: un brano dall’intensità drammatica che prefigura e accompagna l’inatteso. L’introduzione è suonata dal pianoforte, l’ingresso in scena degli archi coincide con quello del Dottor Ford che illustra al pubblico presente l’ultima trama che ha composto per i robot affinché possano far divertire ed emozionare i facoltosi umani.
Heart Shaped Box dei Nirvana viene presentata nella 2×08 di Westworld in una versione suonata al pianoforte (qui trovate la recensione dell’episodio). La canzone è dedicata ad Akecheta, il leader della Ghost Nation. Le note cupe e malinconiche accompagnano Akecheta nel viaggio all’interno del laboratorio, in cerca della sua Kohana. E ciò lo porterà a scoprire la falsità del suo mondo. Una canzone molto appropriata per qualcuno che è stato “rinchiuso nella sua scatola a forma di cuore per settimane”.
Al di là della trama scritta dagli sceneggiatori, ciò che accade in questo mondo impregnato di musica è un processo straordinario. La sospensione di incredulità dello spettatore viene attraversata dai suoi ricordi, dai rimandi a brani moderni, unendo l’universo di Westworld con quello personale dei fan. La musica arriva dritta all’anima senza bisogno di intermediari. Per questo riesce, episodio dopo episodio, ad annullare le barriere tra realtà e finzione.