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What We Do in the Shadows: per rendere divertenti i vampiri, bastava farli somigliare a noi

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Attenzione: l’articolo può contenere spoiler su What we do in the Shadows.

In pochi stanno rivoluzionando il linguaggio cinematografico e seriale come il genio neozelandese Taika Waititi. Il comico, attore, sceneggiatore e regista ha già un curriculum particolarmente ricco (Jojo Rabbit, Avengers: Endgame, Our Flag Means Death, Reservation Dogs, ecc.), e tra i primi lavori rientra anche What we do in the Shadows, film comico del 2014 da lui co-scritto, co-diretto e interpretato. Sulla base del lungometraggio di successo, già all’epoca incisivo per umorismo e costruzione narrativa, nel 2019 What we do in the Shadows è stato lo scheletro sulla base della quale è stata creata, da Jemaine Clement, un’omonima serie tv spin off, che conta ancora una volta Taika Waititi come produttore esecutivo. In essa, nella prima stagione Waititi riprende persino il ruolo del vampiro co-protagonista Viago von Dorna Schmarten Scheden Heimburg. La serie tv di FX Hulu (disponibile in Italia su Disney Plus) è dunque già giunta alla quarta stagione continuando costantemente a rinnovare la propria irresistibile comicità e le storie dei suoi quattro bizzarri protagonisti. Nandor, Nadja, Laszlo e Colin sono i vampireschi (chi più chi meno) inquilini di una spettrale e decadente casa a Staten Island. Mentre Guillermo è il paziente e perseverante famiglio di Nandor, dalla natura mite, il giovane di origini latinoamericane aspira a diventare un vampiro a tutti gli effetti, ma sembra comicamente fallire ogni volta nell’intento. Colpa soprattutto della noncurante sottostima che i padroni hanno di lui.

Seguiti con la tecnica del mokumentary, Nandor, Laszlo, Nadja, Colin e Guillermo sono i vampiri e il famiglio più insoliti di sempre proprio in virtù della loro goffamente onesta natura.

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What we do in the Shadows (640×424)

La peculiarità di What we do in the Shadows sta proprio nella costante interazione tra il passato e il presente. Infatti, nella serie tv comedy e horror i protagonisti sono dei vampiri centenari che hanno vissuto ogni principale accadimento storico almeno degli ultimi trecento anni. Dopo guerre mondiali, scontri epocali tra creature soprannaturali, conquiste territoriali, sfide di amore e rispetto, e mogli di dubbio gusto, si trovano ad affrontare la sfida più complicata: interagire con una modernità più evoluta di quanto essi possano essere. Mentre i vampiri erano impegnati a conservare le proprie tradizionali e sanguinolente abitudini, la società occidentale è andata avanti, lasciandoli indietro. Essere un uomo o una donna di molti secoli fa è già di per sé complicato negli anni Venti d’oggi, in cui il cambiamento è all’ordine del giorno, la digitalizzazione ha preso il sopravvento, e le narrazioni sui vampiri hanno costruito un immaginario comune stereotipato e inflazionato. In particolare, essere delle creature fuori epoca in un mondo tanto evoluto, consapevole e disinteressato è straniante più per i quattro protagonisti che per noi spettatori. Il gioco di contrasti che si crea ogni qual volta le due realtà entrano in contatto è esilarante e permette di ridere assieme a figure storicamente losche, tenebrose e oscure all’interno della cultura pop e mediale di oggi.

Ormai le storie sui vampiri sono presenti in abbondanza su qualsiasi tipo di media, eppure nulla è come Nandor, Laszlo, Nadja e Colin. What we do in the Shadows mostra le creature sovrannaturali sotto una nuova luce. La necessità di adattarsi a una realtà come quella attuale depotenzia i centenari vampiri che, come non mai, appaiono imperfetti, vulnerabili, comici e umani. Proprio il buffo straniamento vissuto dalle creature della notte le rende più simili a noi: tentano a tutti i costi di essere normali, come tutti gli altri, e di essere al passo col cambiamento, ma vivono il costante ostacolo di una cultura differente. In particolare, Nandor, Laszlo e Nadja sono dei vampiri che, nel corso della propria esistenza, hanno sempre avuto e ottenuto tutto con particolare facilità. Nel 2022, purtroppo, non ogni cosa può essere conseguita con violenza, manipolazione o ricchezza. Le creature adagiate e incontentabili fanno per la prima volta i conti con una realtà umana che non gli riconosce nulla. I goffi tentativi di interagire con la nuova composizione sociale e con gli esseri umani, ormai non più realisticamente terrorizzati da loro, li indebolisce: per una volta, sono i vampiri a essere in difficoltà e gli insoliti tentativi sono spassosi.

In fin dei conti, è proprio il costante tentativo di inserirsi e integrarsi a renderli umani, spesso anche più del vero essere umano del gruppo, Guillermo, molto più astuto e manipolatore (seppur parecchio sfortunato), che nell’intento di essere finalmente trasformato in un vampiro, sembra rinunciare spesso alla propria parte più comune.

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What we do in the Shadows (640×412)

Le confessioni alla telecamera che li segue con cura, rende i vampiri di Disney+ schietti, onesti e ironicamente simili a noi. I loro racconti e i loro pensieri sono quelli di qualsiasi individuo alle prese con la propria emotività. Per la prima volta i vampiri si confessano come dei veri esseri umani. Anche le centenarie creature cedono ai sentimenti e alle dinamiche più primitive ed esagerate. Sono tutt’altro che i mostri perfetti dalla pelle lucida e dall’aura spettralmente intrigante. Sono come noi, guardano reality show sulla ristrutturazione di immobili, fanno serate in locali esclusivi, incidono musica, e sono vittime del loro istinto e dei loro desideri materialistici. Sono nostalgici e insolitamente ingenui. Difficile individuare il vampiro più divertente, o quello rappresentato in maniera più umana. Le loro insicurezze, ambizioni e convinzioni sono estremizzate e raccontate con franchezza in camera. What we do in the Shadows è una serie tv in cui la differenza è la forza, umoristica soprattutto. I vampiri di Taika Waititi sono estremamente naive nel modo di approcciarsi alla società moderna, e questo non fa altro che accentuarne i lati più spigolosi.

Nadja è determinata, cinica e manipolatrice, senza alcuna paura di dire ciò che pensa e ottenere ciò che vuole. Nandor è viziato, egocentrico e insicuro, proprio perchè il più anziano è maggiormente in difficoltà nello smussare i propri valori e le proprie abitudini in virtù di una realtà in cui non riesce a inserirsi, o per la quale non è in grado di mutare. Laszlo è lussurioso, saccente e nostalgico nel suo modo d’esser il gentiluomo del gruppo. Sono istintivi, impulsivi, irascibili e spontanei. Proprio la loro difficoltà nel gestire le emozioni scombussolate dalla modernità li rende eccentrici, assurdi e esageratamente violenti ed emotivi. Tutto è comicamente amplificato. E poi, c’è il logorroico Colin Robinson, il vampiro energetico che trae linfa vitale e potere dalla frustrazione e noia altrui, il che la dice già lunga sul suo comico e sottile contributo nelle vicende quotidiane di What we do in the Shadows.

Quando i vampiri incontrano il caos e la cruda realtà di un mondo veloce, digitalizzato e molto più spietato di loro non può che originarsi una comedy dalle tinte spettrali che riesce a rendere persino le storicamente terrificanti creature simpatiche, bizzarre e finalmente accessibili. Un tempo inarrivabili e verosimili, oggi in What we do in the Shadows, la distanza è colmata e diviene capro espiatorio umoristico con la quale ridere dei vecchi stereotipi narrativi e rivisitare strutture passate in chiave moderna. Impossibile fare a meno dell’eccentrico gruppo di sventurati e stravaganti protagonisti della serie tv, nati dalla mente di Taika Waititi.

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