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Il politically correct ha ammazzato Will & Grace

Will & Grace
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La fine degli anni ’90 ha rappresentato il periodo d’oro delle sit com. Televisivamente parlando s’intende. Nonostante oggi i cataloghi possano vantare serie tv di una qualità che sfiora o pareggia quella cinematografica, due decadi fa il piccolo schermo offriva prodotti irriverenti e spontanei che ora possiamo solo ricordare. O rivedere. O aspettarne l’eventuale revival, come nel caso di Will & Grace.

Will & Grace è stata un pioniera televisiva: ha fatto conoscere allo spettatore medio la comunità omosessuale, ma ha sempre schivato la retorica perbenista. La parola d’ordine era naturalezza, qualcosa che nella tv (e in qualsiasi altro contesto) di oggi pare un miraggio. Ma allora, quando lo spartiacque del decoro era meno rigido e tedioso, Will e Grace, insieme alle rispettive controparti Jack e Karen, erano davvero personaggi speciali. Non per la loro complessità, ma per la leggerezza che li distingueva. E ciò faceva spiccare tra le altre una sit com che si rifiutava di strizzare l’occhio alla politica. Un anno fa, invece, il ritorno della serie era stato anticipato proprio da uno spot promozionale a sfavore dell’indesiderato numero uno dei liberali d’America, Donald Trump.

Più che di uno spot, si trattava di un campanello d’allarme: l’aria era cambiata.

Per quanto la notizia fosse elettrizzante, gli affezionati avevano già intuito che Will & Grace non sarebbe più stata la stessa insolente serie che non aveva paura di scherzare sui luoghi comuni, anche quando delicati. Perché tutti sono unici e speciali, e nessuno crede o ragiona più per stereotipi. Certo, come no. Del resto, come avrebbe potuto sopravvivere un format datato 1998 in un periodo in cui le serie tv nascono e muoiono con uno schiocco di dita? E in cui è necessario dosare parole e intenzioni come agenti chimici per non urtare nessuno? Semplice: non poteva.

Will & Grace

Will & Grace ha dovuto piegarsi al grande nemico della comicità: il compromesso.

Gli autori erano ben consapevoli che se avessero mantenuto lo spirito originale della serie, questa sarebbe stata stroncata come un abete a Natale. Quindi l’unica alternativa possibile era, non potendo trasformare completamente la sit com, smussarla. Al revival non mancano battute, ma sono quasi sempre ammorbidite, come ad alzare le mani davanti a rischi e responsabilità. Le frecciatine più appuntite, invece, sono riservate a Trump e alla condotta politica dei suoi avamposti. Sorpresi, eh? Senza girarci intorno: il risultato di Will & Grace 2.0 è una versione scialba e insipida rispetto al suo formato originale, da cui l’intransigenza moralista era bandita. Ormai, il lusso di poter giocare con l’irriverenza è concesso solo alle serie di animazione, poiché nessuno deve metterci la faccia e nessuno sarà condannato per aver detto questo o quello davanti alla telecamera.

Revival o meno, Will & Grace resta un pilastro della commedia della sua epoca.

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A suo tempo, la serie aveva dimostrato come quattro persone totalmente diverse tra loro, con ideali e visioni della vita ai poli opposti gli uni dagli altri, potessero coltivare un’amicizia sempiterna. Magari schernendosi, andandoci giù pesante, ma senza mai prendersi troppo sul serio. Ad ora, Jack McFarland e Karen Walker verrebbero messi alla gogna per la loro macchiettistica caratterizzazione.

Un aspirante ballerino-cantante-attore gay e libertino che ha per migliore amica una tossicodipendente ricca, ubriacona e repubblicana? Che il politically correct ci salvi, per carità. 

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