La storia della televisione può essere raccontata semplicemente nominando alcune specifiche serie tv, così come allo stesso modo può essere analizzata attraverso specifici personaggi o eventi. La televisione “seriale” come mezzo, molto più del cinema o della letteratura, tende a definirsi in termini di “programmi di riferimento”. Gli spettacoli sono visti e valutati in base alla loro influenza più che per la loro qualità intrinseca. A volte senza neppure riuscire a considerare l’epoca in cui sono andati in onda. Questo è, ovviamente, un problema della capacità critica di un un prodotto, quello seriale televisivo, relativamente giovane, che vive oggi di una generale semplificazione eccessiva. Nessuna serie tv arriva dal niente. Nessuno spettacolo definisce così completamente un’era televisiva adombrandone ogni altro contemporaneo, anche se a volte nel linguaggio comune parrebbe di sì. Questo modo di pensare, però, esiste e una della vittime maggiori e di cui oggi parleremo è senza dubbio X-Files. L’impatto che ha avuto sulla nostra moderna televisione è stato, se non proprio ignorato, ampiamente dimenticato.
In un’epoca in cui la maggior parte degli altri grandi programmi televisivi erano drammi corali sul posto di lavoro che affrontavano i principali problemi del quotidiano (ER, NYPD Blue, Chicago Hope, Law & Order), X-Files era un prodotto sapientemente costruito per muoversi da una parte nei binari della consuetudine con puntate autoconclusive e dall’altra per affrontare tematiche più impegnative generando una trama orizzontale avvincente e affascinante. Certo, nella messa in scena, oscillava tra episodi non sempre all’altezza e altri che lasciavano da subito la sensazione di trovarsi di fronte ad un capolavoro lungimirante.
Settimana dopo settimana, accompagnava i suoi due agenti dell’FBI in un’America più spaventosa e cinematografica di quanto si fosse mai visto fino ad allora sul piccolo schermo. Scully e Mulder erano sempre alla ricerca di qualche oscuro segreto, qualche mostro che doveva essere fermato. Era una serie solitaria. Una serie capace di raccontarci tanto su un Paese e un mondo che stavano inesorabilmente cambiando e allo stesso tempo apriva le finestre su terrificanti creature che sfioravano gli elementi più marcatamente appartenenti alle narrazioni dell’horror. Si trattava infine di una resa dei conti morale con ciò che gli Stati Uniti avevano fatto per vincere la Guerra Fredda. E, sì, contemporaneamente riguardava i mostri stessi, che strappavano la carne dalle ossa, schizzavano sangue e diventavano ricche metafore dell’evoluzione di una stessa nazione.
Facciamo un passo indietro però, solo per un secondo, per parlare di questa serie come uno spettacolo televisivo, piuttosto che una serie di immagini e momenti legati ad alieni che vogliono conquistare la Terra, cospirazioni, quasi storie d’amore e di spionaggio. Per comprender X-File oggi, ancor più che allora, è necessario soffermarsi alle serie che direttamente o indirettamente la hanno influenzata, per capire infine i modi in cui ha influenzato a sua volta la storia della televisione.
X-Files è stato ispirato principalmente da tre serie tv. Se controlliamo l’attuale palinsesto delle serie tv vedremo molti spettacoli che vivono all’ombra di X-Files e molti che hanno invece cercato con alterne fortune di seguirne la sua scia “spettrale”. X-Files è quel raro prodotto che sembra esistere sia nel tempo in cui era andato in onda che nel presente. Una tipica serie anni ’90 (andava infatti in onda originariamente tra il 1993 e il 2002), con un primo film uscito nel 1998 e un altro arrivato nel 2008 e due stagioni successive andate in onda nel 2016 e nel 2018. Dicevamo che sono tre i programmi televisivi principali da cui X-Files ha tratto ispirazione. Il primo è Kolchak: The Night Stalker (1974-75). Lo stesso creatore di X-Files, Chris Carter, ha più volte sottolineato che questa serie di una sola stagione su un reporter a caccia di mostri ha avuto un’enorme influenza sul suo show. Ha quindi senso iniziare il percorso sulle origini del lignaggio di X-Files da qui. L’influenza di Kolchak si estende infatti ben oltre il fatto che il suo eroe caccia, o meglio, cerca mostri e demoni che infestano la notte. Al di là infatti di questo aspetto, Kolchak è riuscita a presentare un prodotto televisivo in grado di sdoganare l’horror in televisione ponendo le basi per molti prodotti successivi. Così come poi farà la stessa X-Files.
Il problema principale con l’horror in Tv infatti è che il genere horror necessità del rilascio della tensione, spesso attraverso la catarsi del sangue. Il mostro deve poter colpire duramente o l’eroe deve poterlo sconfiggerlo. Il genere ha bisogno che gli spettatori credano che i personaggi siano, in qualche modo, in un tangibile pericolo. Il piccolo schermo, d’altra parte, richiede però un ritorno allo status quo: se Fox Mulder e Dana Scully sono i nostri protagonisti, sappiamo perfettamente che non moriranno, perché se lo facessero, potremmo smettere di guardare la serie. Sia Kolchak che X-Files hanno sì messo in pericolo i loro personaggi principali, ma raramente abbiamo davvero temuto per loro. Questa mancanza di suspense avrebbe potuto vanificare lo scopo stesso dell’orrore che si voleva raccontare. L’insegnamento di Kolchak sapientemente reinterpretato da Carter è stato che l’orrore poteva esistere ai margini della storia. Le guest star potevano essere uccise e lo spettacolo continuare a vivere, gravato dall’orrore esistenziale che non tutto era come sembrava, che il ritmo quotidiano della vita portava dentro di sé qualcosa di indicibile e brutale.
X-Files era in fondo (solo in parte ovviamente) uno spettacolo poliziesco degli anni ’70, con ogni episodio che calava i suoi protagonisti in un nuovo, affascinante, ambiente da qualche parte nel bel mezzo del nulla americano. I nostri eroi, Mulder e Scully, viaggiavano in tutto il paese alla ricerca di nuovi mostri da cacciare. Alla fine, l’orrore, è diventato esistenziale anche per loro. Conoscevano i segreti, ma nessuno ci credeva. L’oscurità era ovunque, ma a nessuno importava.
La seconda serie che si è rivelata fruttuosa per la creazione di X-Files è stata Moonlighting (1985-89). Questa commedia / dramma della ABC di cinque stagioni su una coppia di divertenti detective, ha invece influenzato maggiormente la dinamica centrale di X-Files: il rapporto tra Fox e Dana. La chimica incandescente tra Mulder e Scully (o, forse più precisamente, tra gli attori David Duchovny e Gillian Anderson) e l’apparente riluttanza della serie a consumare quella chimica è stato uno dei motori più potenti nel tenere incollate milioni di persone negli anni alle poltrone. Ma X-Files ha preso in prestito anche il tono e il mood di Moonlighting. Come la serie precedente, X-Files, espanderà il suo modello nel rapporto tra i due protagonisti fino al punto di rottura. Moonlighting offriva riff lunghi episodi su Shakespeare o film noir mentre in X-Files è stato reso omaggio a molti vecchi horror della Universal fino all’esperimento cinematografico in tempo reale Rope di Alfred Hitchcock. La centralità dell’alchimia tra i due protagonisti è stato quindi un elemento fondante tanto quanto gli alieni o le cospirazioni.
La terza serie che ha lasciato un segno indelebile in X-Files è stata Twin Peaks (1990-91), lo spettacolo che lo ha immediatamente preceduto. Nella ondata iniziale di recensioni per il pilot e la prima stagione di X-Files, la maggior parte dei critici aveva fin da subito indicato il dramma straordinario e inquietante di David Lynch e Mark Frost come, non a torto, una chiara influenza. Soprattutto nelle primissime stagioni è facile capire perché: Twin Peaks aveva portato un agente dell’FBI nel mezzo di una piccola cittadina americana per scoprire gli orrori al suo centro. Era girato nel nord-ovest degli USA e, quindi, non assomigliava a nessun altro spettacolo in onda allora. Infine aveva messo in scena alcune delle sequenze più spaventose mai trasmesse in televisione fino a quel momento: tutto quello che aveva a che fare con il demone unto e dai capelli lunghi Bob.
Ma l’elemento che X-Files aveva adottato maggiormente da Twin Peaks non era stato il luogo delle riprese o il generico senso di orrore. Era, invece, la volontà di prendere tempo con l’aspetto di una serie, di trovare modi visivi per raccontare le sue storie. Le paure in X-Files arrivano, spesso, guardando un luogo o un oggetto quotidiano arrivando a chiedersi quale oscurità avrebbe potuto nascondersi al suo interno. Proprio come Twin Peaks ha destabilizzato la realtà stravolgendo la soap opera in prima serata e il dramma cittadino con una logica da incubo. Gli X-Files, che con calma e attenzione chiudevano un nuovo caso ogni settimana, non potrebbero essere strutturalmente più diversi da Twin Peaks, invece volutamente onirico e aperto. Ma le due serie risultano comunque lo stesso così simili che non sarebbe sembrato fuori posto se i due spettacoli si fossero intersecati direttamente e Mulder e Scully si fossero presentati nello Stato di Washington per risolvere la morte di Laura Palmer. (X-Files ha persino utilizzato un certo numero di attori di Twin Peaks nel corso delle stagioni. E allo stesso modo David Duchovny ha avuto un ruolo minore nella seconda stagione di Twin Peaks nei panni dell’agente della DEA Denise Bryson.)
Quindi: ora che sappiamo da dove arriva X-Files, possiamo provare il modo in cui ha plasmato il panorama televisivo moderno. X-Files ha avuto un impatto diretto nel condizionare la televisione moderna in cinque modi principali. Innanzitutto, i nostri moderni drammi polizieschi, di solito, sono degli “X-Files” che hanno abbandonato gli elementi soprannaturali. Proprio verso la fine della serie, la CBS aveva messo in onda CSI: Crime Scene Investigation (2000-15), una serie incentrata sulla scienza, con diversi risvolti nerd su fanatici del laboratorio che risolvono i crimini trovando prove del DNA e simili. Il successo di quella serie ha generato letteralmente centinaia di imitatori in tutta la griglia di programmazione, molti dei quali sono ancora in onda oggi. Ma se rivedessimo oggi le prime stagioni di CSI ci accorgeremmo di uno spettacolo che assomiglia molto a X-Files, con il suo focus su immagini appariscenti, un’estetica cool blue e il fascino per i processi scientifici. Anche Mulder e Scully che pur si sono rivelati personaggi incredibilmente ben scritti e sviluppati, facilmente e superficialmente potrebbero essere ridotti a stereotipo come “il credulone” e “la scettica”: tipica dicotomia semplicistica che si adatte magnificamente a molti drammi polizieschi che abbiamo visto nei decenni successivi.
In secondo luogo, l’estetica di X-Files ha decisamente ampliato ciò di cui la televisione era visivamente capace. X-Files ha preso tutto ciò che Twin Peaks aveva fatto e ha dimostrato che anche altre serie potevano farlo. Non era necessario avere un grande regista di Hollywood come David Lynch per realizzare sequenze cinematografiche così nitide. Dovevi solo pianificare il tempo e la cura per rendere importanti quelle sequenze. Rivedendo ancora oggi X-Files ci si può rendere conto di quante scene, specialmente quelle spaventose, erano raccontate interamente attraverso elementi visivi e con dialoghi scarni. David Chase, creatore de I Soprano, altra serie che ha stravolto la strada alla narrazione visiva, stava prendendo in considerazione l’idea di accettare un lavoro proprio nel progetto X-Files quando la HBO lo ingaggiò per I Soprano.
Come terzo aspetto bisogna considerare la struttura di narrazione serializzata utilizzata in X-Files. La serie presentava principalmente storie chiuse con un “mostro della settimana”. Allo stesso tempo però, per molti episodi consecutivi, ha saputo dedicarsi ad una trama orizzontale di lunga durata sugli alieni che visitano la Terra e lavorano con funzionari governativi a fini loschi e nefasti. Questo a volte creava anche dei problemi di narrazione: non sempre aveva senso che Mulder e Scully potessero fare enormi scoperte sconvolgenti su una cospirazione globale e poi tornassero subito a inseguire leggende metropolitane lungo strade secondarie americane, ma questa oscillazione tra racconti indipendenti e avventure serializzate è stata ripresa e migliorata da molteplici serie da lì in poi come ad esempio il gradevole poliziesco “sui generis” della CBS The Mentalist.
In quarto luogo, la serie era decisamente critica nei confronti della politica estera americana. Sebbene X-Files non fosse stata la prima serie a chiedersi se gli sforzi degli Stati Uniti per vincere la Guerra Fredda valessero molte delle azioni oscure messe in atto durante quel periodo, è stato di gran lunga lo spettacolo di maggior successo a farlo in quegli anni. Quanto di questo aspetto possiamo ritrovare in serie successive come 24 o Homeland. Guarda caso Howard Gordon e Alex Gansa, entrambi tra i primi sceneggiatori di X-Files, sarebbero diventati poi sceneggiatori e produttori esecutivi di 24, con Gordon che alla fine è diventato lo showrunner della serie. Gordon e Gansa hanno anche co-creato Homeland, per il quale era invece Gansa lo showrunner.
Infine, ma questo è un giudizio strettamente personale e un po’ una provocazione, X-Files ha sdoganato la paranoia. Lasciamo da parte l’attuale panorama televisivo, pieno di teorie e culti del complotto e strani segreti nascosti perpetrati da governi e da società segrete. E dimentichiamo pure molti attuali film che sono pieni delle medesime tematiche. Proviamo invece a pensare a quanto del nostro attuale discorso politico e culturale è guidato da un vago senso del sospetto e di segreti nascosti. Di quello che “non vogliono dirci” e che noi possiamo scoprire “là fuori“. Non importa se questi striscianti sospetti paranoici siano sostenuti da prove reali o solo dalla certezza di qualche persona a caso “perché deve esserci per forza qualcosa dietro“. X-Files aveva anticipato questa realtà paranoica in cui oggi tutti tranquillamente viviamo al punto che quando è tornata in onda per le sue ultime e tardive due stagioni nel 2016 e nel 2018 sembrava quasi che lo spettacolo fosse stato contagiato dal mondo reale e attuale. Ed è davvero impressionante considerando che il focus principale della serie nella sua trama è l’invasione aliena della Terra.
Ma è proprio questa sorta di preveggenza a rendere ancora così vitale X-Files. La serie nonostante tutto è invecchiata molto bene, elemento assai raro per le serie tv. Il mondo sicuramente continuerà a cambiare. Le serie tv continueranno a cambiare. E ovviamente l’umanità stessa. Ma ciò che è straordinario e se vogliamo terrificante al tempo stesso è il modo in cui X-Files continua a camminare al nostro fianco. Accompagnandoci senza mai rimanere abbastanza indietro da permetterci di respingere le sue terribili previsioni per la fine dei giorni. Trent’anni anni dopo il suo debutto X-Files è quella rara serie televisiva che sembra esistere contemporaneamente sia nel tempo in cui è andata in onda, che nel presente.