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La quarta stagione di BoJack Horseman apre spiragli inaspettati di felicità

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Lo scorso venerdì Netflix ha rilasciato la quarta stagione di BoJack Horseman e le 12 puntate prodotte dalla geniale mente di Raphael Bob-Waksberg sono un ulteriore tassello in un mosaico complesso e introspettivo quale è questo straordinario cartone animato. Avevamo lasciato l’uomo-cavallo (come possiamo vedere qui) in preda a un tentativo di suicidio scongiurato dalla visione dei suoi simili allo stato brado, intenti a correre nel vasto deserto americano.

Questo evento, seppur evitato, non poteva passare inosservato nella sua vita, e infatti tutto quello che vediamo in questa quarta stagione risponde al nome di alienazione; a essa segue inevitabilmente la solitudine che, diversamente dalla stagione precedente, in cui a momenti poteva risultare una soluzione, è in questo caso il problema principale per BoJack, visto e considerato che il suo comportamento lo ha reso più solo che mai.

L’insensatezza dell’esistenza, fortemente espressa nella terza stagione (Camus docet), trova qui ulteriori citazioni disseminate in ogni puntata, ma in questo caso la Filosofia dell’Assurdo del filosofo francese non è lo scopo comunicativo finale. Si tratta in questa stagione piuttosto di un mezzo per raccogliere i cocci di devastazione interiore lasciati dalla terza, culminata con il già citato tentativo di suicidio. L’obiettivo finale, come vedremo, questa volta è ben diverso.

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Se dovessimo cercare una parola chiave per questa stagione, questa sarebbe “empatia“. Essa, intesa come la capacità di comprendere lo stato d’animo altrui, è riscontrabile non solo tra i personaggi (si pensi, ad esempio, alla stupenda sequenza che mette BoJack in relazione con la mosca che non vuole più volare a causa della morte della moglie, con il finale “I don’t wanna live” pronunciato dall’insetto), ma anche da parte del pubblico verso i protagonisti più crudeli e non meritevoli di compassione, come la madre di BoJack, Beatrice. Paradossalmente, osservando la sua storia e tutte le sofferenze che ha subito siamo quasi portati a capire (ma non a giustificare, ovviamente) le sue motivazioni e a comprendere tutto il male che ha ingiustamente fatto al figlio.

A proposito di Beatrice, la sua storia rappresenta uno degli snodi più importanti e toccanti di tutta la trama di questa stagione di BoJack Horseman. In un modo apparentemente cinico e sarcastico, la serie ci descrive il dramma di un devastato e degradato rapporto madre-figlio indagando i motivi dietro la psiche disturbata della donna (afflitta, nella vecchiaia, anche dalla demenza), raggiungendo l’apice qualitativo nell’episodio 11, Il tempo è una freccia.

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Parallelamente a questo rapporto, c’è quello tra BoJack e quella che lui crede sia sua figlia (in realtà sorellastra), anch’esso totalmente fuori luogo per la palese inadeguatezza dell’attore nel prendersi cura della giovane Hollyhock: l’apice qualitativamente descrittivo di questo rapporto è raggiunto nell’episodio 6, Stupido pezzo di merda. La puntata ci mostra tutti i pensieri che frullano nella testa del protagonista, indagando profondamente le sue sensazioni e la sua inadeguatezza per il mondo che lo circonda. A mio personale parere, questo episodio, coniugato con il citato 4×11, rappresenta il fiore all’occhiello della stagione (come lo era stato, nella terza, l’episodio 4, Un pesce fuor d’acqua).

Perciò alla base e come elemento comune notiamo il rapporto genitoriale: in entrambi i casi illusorio per BoJack Horseman. Il primo perchè è cresciuto con la falsa speranza di avere dei buoni genitori; il secondo perchè la piccola puledra non è effettivamente sua figlia.

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Ma BoJack non è l’unico a essersi illuso; anzi, questo concetto si dimostra essere centrale visto e considerato che i due “personaggi di supporto”, Princess Carolyn e Diane, sono quelli che vivranno delle illusioni che provocheranno incredibile sofferenza. È inoltre strano vederle in questa condizione, perchè finora sono sempre stati questi personaggi a sostenere emotivamente il protagonista.

Princess Carolyn tenta disperatamente (e si illude) di costruire una famiglia, ma la sua età avanzata le impedisce di raggiungere questo obiettivo e finisce per distruggere tutto ciò che ha costruito: il rapporto col suo fidanzato, il lavoro, persino la collana che credeva fosse di valore e invece è semplice bigiotteria; nell’episodio in cui immagina una sua discendente nel futuro che racconta la sua storia (4×09, Ruthie) emerge tutta la malinconia di questi protagonisti nella semplice risposta che dà a BoJack parlando al telefono della loro pessima giornata appena trascorsa:

“Quando ho una pessima giornata, immagino che la mia bis bis bis bis bis nipote nel futuro racconti alla sua classe come alla fine tutto si sia risolto per il meglio […]”

“Ma è…falso”

“Lo so… ma mi fa sentire meglio”.

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Anche Diane vive un’illusione, ed essa è il suo intero matrimonio. I tentativi di convivenza con una persona così distante da lei come Mr. Peanutbutter si sono susseguiti in tutte le stagioni ma adesso sembra proprio che sia arrivato il momento per un allontanamento: Diane infatti è “stanca di strizzare gli occhi” per riuscire a vedere come questo matrimonio possa effettivamente sembrare perfetto, e dice questa frase in un mare di lacrime. Ha realizzato la sua infelicità ed il suo fallimento, ed è una delle cose più difficili da accettare.

Ma allora cosa rimane di questa quarta stagione? Ci rimane un Todd che vive l’imprevedibilità della sua vita con la serenità che non avrebbe mai avuto se avesse continuato a frequentare BoJack, e quest’ultimo sa che la sua lontananza dal ragazzo non può che fare bene a quest’ultimo. Ma quello che veramente ci rimane è un finale con un retrogusto positivo. Si può trovare un senso all’esistenza? Per BoJack Horseman quel senso potrebbe trovarsi nell’amore della sorella minore che non ha mai avuto, come il largo e sincero sorriso dell’uomo cavallo lascia pensare nel frame finale:

“BoJack, non ho mai voluto che tu facessi il papà. Te l’ho detto fin dall’inizio, ho già 8 papà”

“Si…giusto”

“Ma…non ho mai avuto un fratello”.

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