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Perchè BoJack Horseman funziona così bene?

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BoJack Horseman è la Serie Tv animata produzione originale Netflix di maggiore successo negli ultimi anni; il motivo è ben presto svelato: chiunque la veda non può non rendersi conto di come la Serie nasconda dietro un velo di ironia e divertente sarcasmo verità e riflessioni molto più importanti e profonde. Le dinamiche socio-psicologiche del protagonista BoJack riflettono i problemi dell’uomo nella nostra realtà: solitudine, futilità dei rapporti e depressione. BoJack è continuamente alla ricerca della felicità, e ogni volta che crede di averla trovata, è più triste di prima. Ma come fa questa Serie a funzionare così bene? Cerchiamo di capirlo insieme. Per la piena comprensione dell’articolo suggerisco la visione del video “The philosophy of BoJack Horseman” del canale Wisecrack.

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In questo articolo avevamo parlato di come la costruzione di un personaggio, per così dire, accattivante sia subordinata a determinati fattori e condizioni, tra cui la presenta di un forte e formidabile antagonista. Tuttavia, questo discorso non può essere generalizzato, e anzi gli esempi portati nell’articolo fanno riferimento al solo genere thriller.

In BoJack Horseman, che può essere definito un drama con forti tinte di commedia, i personaggi (e in particolare il protagonista) risultano scritti con grande coerenza e lucidità, nonostante non ci sia un antagonista a fare emergere i loro difetti o le loro qualità. Raphael Bob-Waksberg, il creatore della Serie, ha risolto tale questione rendendo ogni personaggio l’antagonista di se stesso, l’ostacolo principale da superare.

Concentrandoci sul protagonista BoJack, il Nichilismo Esistenziale è pregnante in ogni azione o situazione verso cui la vita lo conduce. Questa corrente filosofica, infatti, sostiene che nulla nella vita abbia senso, l’esistenza stessa è priva di significato, dunque per sopravvivere ed evitare il suicidio ci sono diverse scelte che l’uomo può fare. BoJack Horseman presenta come prima soluzione quella della distrazione: BoJack è circondato da distrazioni, azioni futili che riempiono la sua vita impedendogli di pensare.

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Lo stesso discorso può essere applicato a Princess Carolyn (si distrae col lavoro), a Todd (si tiene impegnato in svariati e ridicoli modi), e anche a Mr. Peanutbutter, il quale però a differenza degli altri è consapevole del fatto che la distrazione è solo un momento di passaggio nella grande insensatezza della vita.

Questa filosofia della distrazione è stata teorizzata principalmente da B. Pascal (nell’opera Pensieri, 1669), il quale sosteneva che se viene concesso all’uomo troppo tempo per pensare, quest’ultimo si renderà inevitabilmente conto della sua insignificanza; dunque ha bisogno di fare qualcosa che gli impedisca di pensare troppo. Ma cosa succede quando le distrazioni si esauriscono?

Per Pascal la soluzione dovrebbe essere rivolgersi a Dio ma, come è evidente dallo sviluppo della Serie, in BoJack Horseman questa non è affatto un’opzione. Dunque, i protagonisti possono o forzare le distrazioni (principale scelta dell’uomo cavallo) oppure, quando si rendono conto che questo non è possibile, affidarsi a una libertà mentale che permette loro di ignorare le proprie responsabilità.

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Emerge, dunque, la geniale scelta della scrittura di questi personaggi: l’introspezione (con l’analisi dell’esistenzialismo alla Sartre, secondo cui l’uomo dovrebbe rendersi conto che il vivere la propria libertà sia più una condanna che una consolazione, o con l’analisi del nichilismo alla Pascal) è l’ostacolo che i personaggi si creano, ed è ciò che, in particolare nel protagonista, li rende comunicativi e ricchi di significato per il pubblico.

Ma, almeno fino alla terza stagione (in attesa della quarta), qual è la risposta data ai problemi dei protagonisti? Anche in questo caso ci viene in soccorso il pensiero di un filosofo, Albert Camus, espresso nella sua opera “Il mito di Sisifo”, 1942; costui, considerato uno dei maggiori esponenti della corrente filosofica dell’Assurdismo, afferma che l’intero universo è privo di significato, perciò l’uomo che cerca disperatamente un senso a tutto ciò da cui è circondato spreca solo tempo. Di conseguenza, ci sono tre possibili scelte: ignorare questa scoperta, suicidarsi o ribellarsi.

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In BoJack Horseman, il protagonista, dopo aver vissuto la fase delle distrazioni e quella della non assunzione di responsabilità, sceglie inizialmente il suicidio; tuttavia, la visione di cavalli selvaggi viene interpretata da lui come un segno di cambiamento; quando parla di ribellione, Camus fa riferimento all’atteggiamento che l’uomo dovrebbe avere di rifiuto di sottomettersi all’assurdo e affermare: “Va bene, l’universo è privo di senso. E quindi? Posso essere felice anche se consapevole di questa realtà”. Probabilmente, quest’ultimo è il percorso che BoJack proverà a intraprendere nella prossima stagione, sulle orme di ciò che Mr. Peanutbutter ha già iniziato a fare.

BoJack Horseman funziona così bene perchè i creatori hanno trovato il modo di scrivere personaggi frustrati, complessi e smarriti che potessero rappresentare per se stessi quello che nei thriller rappresentano i grandi cattivi della trama. Questi personaggi sono, a modo loro, accattivanti, anche se mostrati sotto forma di una comicità che spesso in realtà è più una risata amara vicina all’Umorismo pirandelliano, che una vera e propria risata spensierata. Ma è il bello di questa Serie, è il bello di BoJack Horseman.

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